Ad Honk Kong si vende una bottiglia made in Italy contro 20 francesi. E adesso tra i concorrenti è in crescita la Spagna. Vista dalla carta del ristorante Otto e Mezzo di Umberto Bombana, l’unico chef italiano fuori dai confini nazionali che può vantare tre stelle Michelin, l’Italia del vino a Honk Kong sembra scoppiare di salute: 2100 etichette quasi tutte toscane, grande attenzione ai vini autoctoni con proposte al bicchiere che spaziano dal Verdicchio di Matelica al Nerello Mascalese.
Eppure se ci alziamo da tavola e allarghiamo lo sguardo su questa metropoli caotica che fa da crocevia fra Cina e Occidente, e che fino a ieri ha ospitato l’International Wine & Spirits Fair, scopriamo che ci sono anche molte spine. Lo sa bene il direttore di Verona Fiere Giovanni Mantovani, arrivato a Honk Kong con il presidente Maurizio Danese per inaugurare il padiglione italiano gestito da Sol&Agrifood con al presenza di oltre 100 imprese del vino, e per la prima volta anche dell’olio.
“Honk Kong – dice Mantovani – è il settimo bayer di vino al mondo, con quasi 1,4 miliardidi euro importati lo scorso anno. Se per la Francia questo è un mercato di riefrimento fonadmentale con un valore dell’export a 809 milioni di euro, per noi rappresenta solo la 25° destinazione, a 39 milioni di euro. In pratica, a parità di valore, l’Italia vende 1 bottiglia, ogni 20 commercializzate dai cugini transalpini”.
Ancora più pesante, secondo l’Osservatorio Vinitaly Nomisma Wine Monitor su base doganale, è il trend nei primi nove mesi di quest’anno, con un – 17,4% a valore per il nostro Paese a fronte di una ulteriore crescita per la Francia (+6,9%) e di una pausa di riflessione della domanda globale di vino. (…)
Fonte: La Stampa