“Salumi Beretta, tutti ne vogliono una fetta» : guardando le cose dal di fuori dell’azienda, l’impressione è che questa pubblicità abbia reso popolare un marchio già importante ma che fino ad allora non era noto a tutti. E dall’interno dell’azienda la percezione è la stessa? «Sì, lo spot ci ha molto aiutato» risponde il presidente Vittore Beretta «anche se la Beretta era ben radicata in Italia e all’estero da molti decenni. Io rappresento la sesta generazione di un’attività nata a Barzanò, nel cuore della Brianza, addirittura nel 1812, e oggi abbiamo 30 siti produttivi in Italia e nel resto del mondo».
Ci faccia la geografia dei prodotti e degli stabilimenti del gruppo Beretta.
«Produciamo con tre marchi. Quello storico è Beretta per i salumi. Poi c’è Wuber, che vuol dire “Wurstel Beretta”, esclusivamente per i würstel. E poi c’è “Viva la Mamma Beretta” per la gastronomia fresca, cioè i piatti pronti. Gli stabilimenti di Viva la Mamma Beretta sono in Italia, tranne uno negli Usa inaugurato quest’anno. Anche quelli dei salumi e dei wurstel sono in Italia, con l’eccezione di 3 in America e uno in Cina».
Da dove arriva la materia prima degli insaccati?
«Negli Stati Uniti e in Cina ricorriamo a materie prime locali e poi confezioniamo i prodotti con ricette italiane. In Italia tutti i 19 prodotti sono Dop o Igp».
Che cosa vuol dire? Che la carne è tutta italiana?
«No. Questo è vero solo per i prodotti Dop, cioè a Denominazione di origine protetta. In questo caso la carne deve provenire da una zona specifica. Per esempio nel caso del prosciutto di Parma la materia prima può arrivare da 7 regioni italiane, poi viene essiccata e stagionata a Parma».
Invece nel caso dell’Igp?
«L’Indicazione geografica protetta è compatibile anche con la carne in arrivo dall’estero. Per esempio la bresaola Igp della Valtellina è fatta anche con carne importata dal Sud America, e poi insaccata esclusivamente in Valtellina»
Fonte: La Stampa