Cibo e vino made in Italy ambasciatori dell’Italia nel mondo per attrarre turisti e, perché no, capitali esteri nel nostro Paese. E viceversa il turismo come leva per far conoscere e apprezzare i prodotti agroalimentari italiani e dunque rafforzarne le vendite oltreconfine. I due fenomeni vanno di pari passo e la sinergia tra turismo e food è ormai inscindibile. Da sempre l’immagine dell’Italia nel mondo è legata, oltre che alle sue bellezze artistiche e paesaggistiche, al buon cibo e al buon vino, fin quasi allo stereotipo. Lo conferma una recente indagine condotta da Nomisma in tre mercati molto importanti per il settore agroalimentare, il Regno Unito, gli Emirati arabi e la Cina.
Alla domanda su quali settori sono percepiti dalle popolazioni di questi Paesi come più rappresentativi del made in Italy, la maggioranza degli intervistati ha indicato proprio il cibo e il vino al primo posto, con percentuali attorno al 40%, seguiti da moda e accessori, automotive, arredamento e design. Che il settore del Food&Beverage sia una leva importante per attrarre turisti stranieri nel nostro Paese – oltre che una formidabile voce per l’export made in Italy, con oltre 41miliardi di euro di prodotti agroalimentari esportati nel 2o18 (dati Federalimentare) – è ben chiaro agli organizzatori di Tuttofood, la manifestazione di Fiera Milano che dal 6 al 9 maggio ospiterà negli spazi espositivi di Rho oltre 2.500 aziende, di cui un quinto dall’estero. Il carattere sempre più internazionale della kermesse (nel 2017 1123% degli oltre 80 mila visitatori professionali è arrivato dall’estero) conferma il ruolo centrale che l’Italia gioca in questa filiera: un patrimonio che vale l’11% del Pil nazionale, ovvero 140 miliardi di euro di fatturato alla produzione, e dà lavoro a 385 mila persone. Con una quota di mercato pari al 5,8%, siamo il quarto esportatore mondiale di prodotti agroalimentari dopo Germania, Francia e Paesi Bassi, davanti a Stati Uniti e Cina.
Partiamo dunque da una buona posizione, ma i margini di crescita sono elevati. Proprio il turismo può rappresentare una leva per lo sviluppo dell’export, a patto di mettere in campo iniziative di valorizzazione dei territori e delle loro specialità enogastronomiche che vadano oltre le mete più consuete (e affollate) delle città d’arte. Un buon esempio in questa direzione arriva ancora una volta da Milano che, grazie anche all’esperienza di Expo 2015, ha saputo attuare politiche di partnership pubblico-privato per creare percorsi conoscitivi della città e del territorio a partire proprio da un evento come Tuttofood, che quest’anno di arricchisce anche di una sezione dedicata al vino, Tuttowine. Sull’esempio del Salone del Mobile e del Fuorisalone – che integrano business fieristico e momenti di svago e cultura in città- è nato due anni fa Milano Food City, un palinsesto di eventi paralleli alla fiera, che vede lavorare insieme ente Fiera, Comune, Camera di Commercio, Confcommercio, Assolombarda, Coldiretti e diverse fondazioni. «Le fiere sono un volàno per il territorio e favoriscono una cooperazione di sistema difficilmente replicabile in altri contesti – osserva il CEO di Fiera Milano, Fabrizio Curci -. In questo ambito, con Tuttofood siamo stati un propulsore utile a valorizzare quello che è il meglio del saper fare italiano, il cibo e l’agroalimentare, mettendolo in connessione con il territorio. Innestarsi in un contesto come quello di Milano e della Lombardia è una combinazione unica che permette davvero di avere una manifestazione che vive dentro ma anche fuori i padiglioni, creando valore diffuso per visitatori, cittadini».
Fonte: Il Sole 24 Ore