Fino a non molto tempo fa nessuno avrebbe scommesso un euro su un bianco secco invecchiato. Invece ieri, ultimo giorno del festival Di Gavi in Gavi, nella corte del centro storico, denominata «Lunga vita al Gavi» dal Consorzio tutela di questo vino, il Gavi invecchiato è stato apprezzato dai tanti turisti e abitanti. Il Consorzio, che fa riferimento a un territorio di undici Comuni e a circa 190 associati, in questi anni ha organizzato svariate degustazioni verticali con gli esperti del settore, per verificare la qualità dell’evoluzione del Gavi DOP. Un vino che, spiega Roberto Ghio, presidente del Consorzio, «sostenuto dalla freschezza tipica del Cortese, con il passare del tempo evolve in un sontuoso bianco. Il naso si arricchisce di un complesso bouquet di note terziarie, balsamiche e minerali, e in bocca spicca l’elegante sapidità, il corpo strutturato e la lunga persistenza».
Il Gavi DOP, quindi, è un vino che può essere dimenticato in cantina e consumato diversi anni dopo la vendemmia. «A differenza della credenza comune, che prevede il consumo dei bianchi nella stessa annata di produzione – prosegue Ghio -, alcuni vitigni a bacca bianca, come il Cortese usato per il Gavi DOP, si prestano a un lungo invecchiamento».
Alla base di questa evoluzione nel bicchiere c’è il terroir del Gavi, cioè l’habitat dove vengono coltivate le viti. Il segreto è soprattutto nella vicinanza tra pianura e mare, con escursioni termiche nette, e nelle caratteristiche geologiche particolari. «Ci sono terre rosse – spiega il presidente – originate dalla ferrettizzazione delle ghiaie miste ad argilla di antichi depositi alluvionali. Si trovano a nord di Gavi, verso Tassarolo, Novi Ligure, Capriata d’Orba, Pasturana e Francavilla Bisio, dove le colline sono più dolci e le vigne si alternano a boschi di quercia e robinia. Poi c’è la fascia centrale, tra Serravalle Scrivia, Gavi e San Cristoforo, con un’alternanza di marne e arenarie. Infine, la parte meridionale tra Bosio, Carrosio, Parodi Ligure, che si fa più ripida per l’approssimarsi dei rilievi dell’Appennino, composta da terre bianche e marne argillose bianche, la cui origine marina è evidente anche per la presenza di numerosi fossili».
Il disciplinare del Gavi, rispetto alla longevità, prevede la denominazione Riserva, con rese più basse da 95 quintali/ettaro a 65 e l’affinamento consentito sia in botti di legno sia in acciaio, con un minimo 12 mesi di cui 6 in bottiglia.
Fonte: La Stampa