Un territorio fragile che ha bisogno di cure costanti e che può trovare una sua redditività nell’impianto di vigneti. Ma secondo la legislazione dell’Unione Europea, ogni anno può essere concesso soltanto l’1% rispetto alla superficie già coltivata con uva da vino. Nel caso della Liguria, questo limite può costituire un disincentivo agli investimenti in imprese già piccole e che si trovano in territori già difficilmente coltivabili come i terrazzamenti collinari.
In più a volte sulle «fasce» si trovano degli ulivi non curati e abbandonati, dal basso valore produttivo. Ma anche altre colture meno redditizie sono presenti, come quelle di ortaggi e granaglie. In più il mantenimento di questi terreni è cruciale per la sopravvivenza dei nuclei abitati, per evitare che il terreno possa franare come avvenuto il 25 ottobre 2011 alle Cinque Terre, in provincia di La Spezia. Per questo la Regione Liguria ha chiesto alla Commissione Europea di modificare l’attuale regolamento in materia, inserendo un emendamento che consente un ampliamento fino al 3% se si rispetta una condizione: che la coltivazione sia su un terreno a gradoni o con una pendenza del 30%.
Secondo i dati diffusi dall’assessorato all’agricoltura, le richieste sono salite costantemente a partire dal 2016: dai 4o ettari aggiuntivi richiesti in quell’anno fino ai 159 del 2019. E per quanto siano in aumento le richieste accolte (131 quest’anno), la superficie concessa si attesta sempre sui 15 ettari in più all’anno. Con le nuove quote, di cui potrebbero usufruire tutte le altre regioni con coltivazioni vinicole su terreni scoscesi, ci sarebbe una nuova spinta agli investimenti, come dichiarato dall’assessore Stefano Mai: «Abbiamo bisogno di stimolare la produzione di prodotti ad alto valore aggiunto che possano sostenere meglio i costi nell’attività agricola in territori difficili e onerosi e prevenire il dissesto idrogeologico»
Fonte: Corriere della Sera