La storia di McDonald’s, la catena di fast food più famosa al mondo, è sempre stata scandita dalle sue contestazioni. Fino al cambio di rotta. Dopo la brutta battuta d’arresto nel 2006 in Europa e anni di studi sui gusti dei consumatori, il colosso mondiale del fast-food si è orientato, infatti, su standard nutrizionali più bilanciati e salutari, ma soprattutto sulla promozione delle eccellenze agroalimentari locali.
Nel nostro Paese oggi l’84% dei fornitori della catena è rappresentato da aziende con sede in Italia. Tra queste, Inalca per la carne bovina, Amadori per il pollo, Bonduelle e SAB per l’insalata, Cupiello per le brioche, Ottolina per il caffè. E dal 2008 ha intrapreso anche una collaborazione con i Consorzi di tutela delle produzioni DOP e IGP, attraverso uno specifico percorso promosso dalla Fondazione Qualivita diretto a valorizzare le eccellenze territoriali. Un percorso che, grazie alla capillarità degli oltre 600 ristoranti, consente di promuovere le eccellenze del nostro territorio verso un pubblico vasto e giovane (1 milione di clienti al giorno).
«Ogni anno acquistiamo 94mila tonnellate nell’agroalimentare italiano, per un investimento di oltre 200 milioni di euro – dichiara Mario Federico, amministratore delegato di McDonald’s Italia –. Per quanto riguarda le indicazioni geografiche, in questi 12 anni abbiamo sviluppato ben 40 ricette con prodotti DOP o IGP e utilizzato 2.500 tonnellate di materia prima».
Per il 2020 la nuova edizione di My Selection, la linea di hamburger premium che ogni anno opera in collaborazione con i Consorzi di Tutela delle produzioni made in Italy, propone nelle sue ricette l’Aceto Balsamico di Modena IGP, la Cipolla Rossa di Tropea Calabria IGP, Pecorino Toscano DOP e l’Asiago DOP.
«Quest’anno prevediamo di rafforzare ulteriormente il nostro impegno – prosegue Federico –: stimiamo di acquistare oltre 900 tonnellate di materie prime a marchio di tutela, in aumento del 30% rispetto al 2019. Il dialogo con i nostri partner del comparto agroalimentare, comunque, non si chiude al momento della firma del contratto, ma evolve e con il passare del tempo arriviamo spesso alla creazione di collaborazioni durature che portano allo sviluppo di nuovi prodotti per affrontare insieme le nuove sfide dei mercati».
Collaborazioni che spesso varcano anche i confini nazionali, portando la promozione delle grandi aziende italiane anche all’estero. Come è avvenuto per Inalca che ha aperto una partnership con McDonald’s in sette paesi europei (Danimarca, Bulgaria, Serbia, Cipro, Romania, Grecia, Malta) esportando hamburger direttamente dall’Italia; ma anche Amadori, per il pollo, è diventato fornitore della catena in Germania, Olanda, Malta e Grecia; mentre Bindi, con cui vi è una collaborazione da circa vent’anni, ha aperto dei canali in una decina di paesi europei (Austria, Croazia, Serbia, Romania, Svizzera, Malta, Spagna, Bulgaria, Russia).
«Sostegno della filiera italiana significa per noi non solo utilizzare e promuovere prodotti Made in Italy, ma anche implementare buone pratiche che danno valore alla filiera stessa». È il caso dell’accordo intrapreso con Coldiretti, Inalca e Aia (Associazione italiana allevatori), per sviluppare un percorso di sostenibilità all’interno della filiera della carne bovina proveniente da allevamenti italiani per soddisfare determinati standard di produzione, fra cui rispettare gli impegni ambientali stabiliti dalla normativa comunitaria, ricevere formazione sulle pratiche di sostenibilità e di benessere animale, ottenere un voto positivo negli indicatori di benessere animale monitorati dall’Aai; garantire trasparenza e tracciabilità e rispettare le norme di sicurezza.
«Il progetto, che abbiamo sviluppato nel 2018 con una durata iniziale di tre anni – conclude Federico –, ha previsto una fase pilota con l’individuazione e il coinvolgimento di 400 aziende situate in 12 province italiane, mentre la prossima sarà di espandere questo numero fino a 4mila entro il 2021 e di potenziare ulteriormente il percorso di sostenibilità».
Fonte: Il Sole 24 Ore