L’agroalimentare europeo rischia di essere la prima vittima sacrificata sull’altare delle grandi intese commerciali bilaterali che stanno sostituendo l’ordine multilaterale garantito fino a oggi dal Wto. Con l’avvio della cosiddetta “fase uno” dell’accordo tra Usa e Cina, l’Italia potrebbe dire addio a piccole ma significative quote di mercato faticosamente guadagnate in particolare nella zootecnia, per non parlare del vino, leader indiscusso dell’export verso il mercato asiatico. Dopo la beffa dell’embargo russo e delle sanzioni seguite alla disputa Airbus-Boeing, con la firma dell’accordo tra Usa e Cina che mette fine alla guerra dei dazi durata oltre un anno, si può già mettere in conto una brusca frenata dell’export agroalimentare italiano sul ricco mercato cinese.
Non solo. Se l’aumento degli acquisti cinesi di prodotti Usa è destinata giocoforza a sottrarre quote di mercato ad altri fornitori, a rischio c`è anche il consolidato mercato americano, con l’amministrazione Trump pronta ad aumentare i dazi su una nuova black list di prodotti che comprende, tra gli altri vino, olio e pasta Made in Italy, oltre ad alcuni tipi di biscotti e caffè esportati negli Usa per un valore complessivo di circa 3 miliardi. L’Europa aveva approfittato dei dazi cinesi sui prodotti Usa per affrancarsi dalla storica dipendenza dall’estero; nel giro di un anno, la quota Usa sulle importazioni europee di soia (oltre 11 milioni di tonnellate in totale) è raddoppiata, dal 36% a 172 per cento. Dalla seconda metà del 2018 gli Usa sono il primo fornitore del mercato europeo. Sempre alle prese con l’araba fenice del piano proteico, l’Europa dovrà ora cercarsi altri fornitori. Ma non c’è solo la soia.
Con l’accordo firmato il 15 gennaio il governo cinese si è impegnato ad aumentare, nel giro di due anni, le importazioni di prodotti agroalimentari dagli Usa fino a 4o miliardi di dollari. Nel 2o17, prima dell’inizio del contenzioso commerciale, ammontavano a circa 24 miliardi. «Alla luce di queste cifre – commentali presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti -, gli Stati Uniti arriveranno a incidere per oltre il 30% sulle importazioni agroalimentari della Cina. L’aumento delle esportazioni statunitensi determinerà la perdita di posizioni di altri fornitori del mercato cinese, tra cui l’Unione europea».
Secondo un documento dell’Usda – il dipartimento Usa per l’agricoltura – le esportazioni sul mercato cinese dovranno «attestarsi almeno a 8o miliardi di dollari nei prossimi due anni». Raggiunto il traguardo, Pechino ha assunto l’impegno di far salire «ulteriormente le importazioni di un importo pari a 5 miliardi l’anno». Solo per quest’anno l’aumento minimo è stabilito a 12,5 miliardi rispetto al livello del 2o17. La Cina è il secondo mercato di sbocco per l’agroalimentare europeo. Nel periodo che va da novembre 2018 a ottobre dello scorso anno, secondo i dati della Commissione Ue, l’export ha superato i 13 miliardi di euro. Con l’accordo Usa-Cina aumenteranno le esportazioni americane di carni suine, pollame, prodotti ortofrutticoli, mais, sorgo ed etanolo. L’accordo potrebbe sottrarre quote di mercato importanti anche all’Italia, mettendolo stop a una crescita del 129% nel settore agroalimentare dal 2010 a oggi che vale, ricorda la Cia-Agricoltori italiani, 45o milioni di euro.
Fonte: Il Sole 24 Ore