Di fronte al rischio dazi, tremano anche i prodotti più blasonati. Certo, nel commercio e nella politica internazionali può capitare di tutto, ma l’eventualità di ulteriori gabelle su alcuni dei migliori prodotti agroalimentari nostrani, mette all’erta tutti. Anche grandi nomi come quelli di vini d’eccellenza: primi fra tutti il Brunello di Montalcino DOP e il Barolo DOP. E un segnale inconfutabile dell’agitazione del comparto, arriva dalla corsa ad accaparrarsi il prodotto prima dello scattare dei dazi.
Ad indicare il fenomeno in Italia è l’agenzia specializzata WineNews.it che in una nota spiega come in vista di dazi che potrebbero arrivare anche al 100%, «negli States, che hanno nell’Italia il primo partner enoico straniero, si preferisce prevenire». È così che «da parte degli importatori americani sono stati anticipati di molto gli ordini, in modo da fare un po’ di scorta per contenere il danno, qualora i dazi fossero inseriti». Testimoni d’eccellenza di quanto sta avvenendo, sono il Brunello di Montalcino DOP e il Barolo DOP. Dai due territori, secondo WineNews, le spedizioni verso gli States, non solo sono state anticipate a partire dai primi giorni di gennaio, in modo da arrivare in tempo per lo sdoganamento prima di metà febbraio (quando potrebbero entrare in vigore i nuovi dazi), ma rispetto alla media del periodo, sarebbero più che raddoppiate, proprio su richiesta degli importatori. L’indicatore che dice tutto è la quantità di “fascette” (cioè di contrassegni che devono essere posti sulle bottiglie esportate). Solo per il Barolo, tra il 1 dicembre 2019 ed il 20 gennaio 2020, sono state consegnate 300mila fascette in più rispetto allo stesso periodo 2018-2019 (+10%).
Dal Consorzio del Brunello di Montalcino, invece, fanno sapere che se nel novembre-dicembre 2018 le richieste toccarono i 2 milioni di fascette, negli ultimi 45 giorni del 2019 (da quando il consorzio consente di richiedere le fascette per i vini che entreranno comunque in commercio dal 1 gennaio dall’anno successivo), le richieste hanno superato i 3,5 milioni. Certo, fanno notare gli esperti, magari la pressione degli importatori Usa, unita a quella della politica, porterà l’amministrazione Trump a non mettere ulteriori dazi; ma la speranza non basta a tranquillizzare. D’altra parte un caso simile si è verificato per il Prosecco DOP. L’imminente avvio della Brexit, ha spinto gli operatori, per arginare almeno una parte dal potenziale danno che potrebbe arrivare da un cambiamento di regime tariffario, a farne man bassa con acquisti dell’11% maggiori sul 2018.
Fonte: Avvenire