Libertà di associazione, inclusività di genere: il livello di questi diritti è a rischio più ci si avvicina al monte della filiera. Le evidenze del paper Ocse sono arrivate in contemporanea all’alleggerimento degli obblighi della Csddd.
Libertà di associazione, diritti contrattuali e inclusione di genere. Sono questi alcuni dei parametri su cui si basa l’analisi effettuata dall’Ocse sui diritti dei lavoratori lungo le catene di fornitura di diversi settori, industriali e non: automotive, agricoltura, tessile, It, finance, solo per citarne alcuni.
Il panorama tracciato nel paper «Mapping efforts to protect worker rights in supply chains» è molto vario. Sia in termini geografici, sia di settori d’attività.
Analizzando il livello di libertà di associazione, per esempio, è netto il contrasto tra settori come i servizi It e altri come il tessile o l’elettronica. Le percentuali sono quasi completamente ribaltate: nei servizi It, i Paesi che si trovano nel primo quartile cioè con i livelli più alti – sono il 18,3%, quelli nel secondo quartile il 39,8%; nel tessile invece l’ultimo quartile assorbe il 58,8% dei Paesi, a fronte di un magro 4% di Paesi virtuosi del primo quartile; nell’elettronica il quarto quartile pesa il 58,7% e il primo -il migliore -il 9,3 per cento.
La situazione è diversa se si analizzano, invece, le performance dei Paesi Ocse sul fronte dei diritti contrattuali (ore di lavoro, protezione contro il licenziamento): nel tessile, per esempio, solo il 10,5% si trova nella fascia con maggiori margini di miglioramento.
[…]
Fonte: Il Sole 24 Ore