Il Regolamento (UE) 2024/1143 integra per la prima volta il tema della sostenibilità al centro delle politiche di sviluppo delle Indicazioni Geografiche, con ruolo fondamentale attribuito ai Consorzi di tutela nell’ambito di una strategia bottom-up relativa a una serie di aree specifiche da presidiare e sviluppare
Dal 13 maggio 2024 è entrato in vigore il Regolamento (UE) 2024/1143 sulle Indicazioni Geografiche, che integra per la prima volta il tema della sostenibilità nelle sue tre dimensioni fondamentali: ambientale, economica e sociale. Questo approccio innovativo mira a fare delle IG non solo uno strumento di tutela del legame tra prodotti e territori, ma anche un mezzo per promuovere uno sviluppo più equilibrato e responsabile. La nuova normativa si allinea pienamente con il Green Deal Europeo e le politiche dell’Unione Europea in materia di agricoltura sostenibile, rafforzando il ruolo delle IG nella transizione verso modelli produttivi più rispettosi dell’ambiente e delle comunità.
Le IG come strumento di sostenibilità
Il Regolamento (UE) 2024/1143 pone la sostenibilità al centro del sistema delle Indicazioni Geografiche, trasformandola in un principio cardine. L’obiettivo principale è garantire che i prodotti IG non solo mantengano elevati standard di qualità e un forte legame con il territorio, ma contribuiscano anche a uno sviluppo sostenibile sotto ogni punto di vista. Questa visione, pienamente in linea con il Green Deal Europeo, ambisce a fare del sistema IG un modello di eccellenza non solo qualitativa, ma anche un punto di riferimento nella transizione verso pratiche produttive più responsabili. L’articolo 7 del Regolamento definisce chiaramente gli ambiti di intervento dei Consorzi che devono mirare ad applicare norme di sostenibilità più rigorose di quelle prescritte dal diritto dell’Unione Europea o nazionale. Sotto il profilo ambientale, sono previste misure come l’adozione di pratiche agricole ecocompatibili, la gestione efficiente delle risorse naturali, la riduzione dell’impatto ambientale e il rispetto del benessere animale. In ambito economico, il Regolamento incoraggia iniziative volte a sostenere le filiere corte, garantire una distribuzione più equa del valore lungo la catena produttiva e supportare le economie locali, rafforzando così la resilienza dei territori. Dal punto di vista sociale, il Regolamento sottolinea l’importanza di tutelare i lavoratori, valorizzare le tradizioni locali e promuovere la coesione nei territori, elementi indispensabili per uno sviluppo sostenibile e inclusivo. Questo nuovo approccio conferisce alle Indicazioni Geografiche un valore aggiunto, trasformandole in un modello di riferimento non solo per la qualità intrinseca dei prodotti, ma anche per l’impegno concreto verso un futuro più sostenibile e responsabile.
Daniele Policastri
Responsabile Area Legale di Origin Italia, l’organo di rappresentanza dei Consorzi di tutela italiani delle IG agroalimentari, la cui mission è sviluppare le produzioni DOP IGP attraverso la cooperazione e il coordinamento di tutti gli stakeholder.
Il nuovo ruolo dei Consorzi di tutela
Un elemento centrale di questa trasformazione è il ruolo strategico attribuito dall’art. 32, c. 4 ai Consorzi di tutela. Grazie alla loro capacità di agire collettivamente, i Consorzi si configurano come attori determinanti nella transizione del sistema IG verso la sostenibilità. Il Regolamento riconosce ai Consorzi una funzione “pubblica” aggiuntiva, che va oltre le tradizionali attività di promozione e difesa dei diritti di proprietà intellettuale. Essi diventano veri e propri promotori della sostenibilità, adottando un approccio dal basso verso l’alto che parte dal coinvolgimento diretto dei produttori e delle comunità locali. Dall’art. 32 del Regolamento emerge chiaramente che i Consorzi di tutela stanno evolvendo oltre le tradizionali attività e funzioni del passato, assumendo un ruolo strategico nell’integrazione della sostenibilità come obiettivo fondamentale nella produzione delle Indicazioni Geografiche. Grazie alla loro azione collettiva, i Consorzi possono facilitare la transizione del settore verso pratiche più sostenibili, garantendo un cambiamento uniforme e coinvolgendo tutte le aziende della filiera. Questo approccio collettivo non solo rende il processo più agevole, ma assicura che nessuna impresa venga lasciata indietro. Un ulteriore strumento a disposizione dei Consorzi è rappresentato dalla possibilità di adottare piani di regolazione dell’offerta per tutte le filiere. Tali piani consentono di mantenere un equilibrio tra domanda e offerta, contribuendo così alla sostenibilità economica del settore e alla stabilità dei prezzi. L’unione di produttori sotto un unico coordinamento permette anche di contrastare efficacemente episodi di concorrenza sleale, favorendo una distribuzione più equa del reddito tra i vari attori della filiera. Ciò rafforza il tessuto economico locale e promuove relazioni di mercato più equilibrate. I Consorzi, inoltre, possono svolgere un ruolo fondamentale nella formazione delle imprese, offrendo percorsi dedicati che sensibilizzano sulle pratiche sostenibili e incentivano investimenti volti a migliorare la reputazione e la qualità ambientale dei prodotti. La loro funzione non si limita alla gestione della produzione: diventano veri e propri punti di riferimento per il territorio, garantendo la salvaguardia dell’economia locale e valorizzando il patrimonio rurale e culturale. Infine, i Consorzi si configurano come catalizzatori di innovazione, diffondendo tra i produttori conoscenze e tecniche sostenibili. In questo modo, favoriscono l’adozione di modelli produttivi rispettosi dell’ambiente, rendendo la sostenibilità non solo un valore aggiunto, ma una caratteristica intrinseca del prodotto stesso.
La relazione sulla sostenibilità
Tra le opportunità a disposizione dei Consorzi di tutela, spicca la possibilità di redigere e rendere pubblica una relazione sulla sostenibilità, introdotta dall’articolo 8 del Regolamento. Questo strumento rappresenta una risorsa strategica per comunicare in modo chiaro e trasparente gli impegni sostenibili assunti dai produttori di Indicazioni Geografiche, offrendo al contempo visibilità agli sforzi compiuti lungo l’intera filiera. La relazione non è soltanto un mezzo per valorizzare il lavoro dei Consorzi, ma assume un ruolo cruciale nella lotta contro il fenomeno del “greenwashing” o ambientalismo di facciata. Grazie alla verificabilità delle misure dichiarate, ogni affermazione riportata nel documento sarà supportata da dati concreti, contribuendo a prevenire pratiche di marketing ingannevoli. Questo rafforza la fiducia dei consumatori e garantisce che le iniziative sostenibili non restino dichiarazioni di principio, ma si traducano in azioni misurabili. La pubblicazione della relazione da parte della Commissione Europea ne amplifica il valore, offrendo una risposta trasparente e autorevole alle richieste di un mercato sempre più attento alla sostenibilità. Questo strumento si rivela quindi fondamentale per affrontare le critiche sulla presunta scarsa sostenibilità di alcuni prodotti agroalimentari, contribuendo a rafforzare la credibilità e la reputazione del settore IG. I benefici derivanti dall’elaborazione di una relazione sulla sostenibilità sono molteplici, tra cui la prevenzione di pratiche ingannevoli, la valorizzazione degli sforzi, l’incentivo al cambiamento e la risposta alle critiche. In sintesi, la relazione sulla sostenibilità non è un adempimento normativo, ma una vera e propria opportunità per i Consorzi di posizionarsi come protagonisti nella transizione verso modelli produttivi più rispettosi dell’ambiente e delle esigenze della società.
Turismo DOP
Lo sviluppo di servizi turistici enogastronomici nelle aree legate alle Indicazioni Geografiche rappresenta una straordinaria opportunità per coniugare la valorizzazione del territorio con la sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Questo approccio ha il potenziale per diventare un modello virtuoso di sviluppo sostenibile, con numerosi benefici per le comunità locali e per l’ambiente. In primo luogo, il turismo DOP favorisce l’uso di prodotti locali, contribuendo a ridurre l’impronta ecologica associata al trasporto e alla produzione intensiva. Promuovendo filiere corte e il consumo di eccellenze del territorio, si rafforza il legame tra tradizione e innovazione sostenibile. La tutela dei territori rurali è un altro aspetto centrale: le aree agricole e i paesaggi culturali non sono solo il cuore dell’attrattiva turistica, ma anche elementi chiave per preservare la biodiversità e il patrimonio storico. La salvaguardia di questi spazi, incentivata dall’afflusso turistico, diventa quindi un tassello fondamentale per garantire una sostenibilità a lungo termine. Dal punto di vista sociale, il turismo legato alle DOP crea opportunità di lavoro, valorizzando competenze tradizionali e artigianali che rischierebbero altrimenti di scomparire. Questo processo rafforza il senso di appartenenza e l’orgoglio locale, stimolando le comunità a investire nella propria identità culturale. Sul piano economico, l’enoturismo e il turismo agroalimentare contribuiscono a generare reddito per agricoltori, produttori e operatori del settore turistico. Inoltre, mantengono il valore aggiunto all’interno del territorio, favorendo un’economia circolare di cui beneficiano direttamente le comunità locali. Questa forma di turismo offre nuove opportunità anche per i territori rurali e marginali, che spesso soffrono di scarse possibilità economiche. La diversificazione delle fonti di reddito permette di sostenere le comunità, riducendo lo spopolamento e incentivando uno sviluppo equilibrato. Infine, il turismo DOP ha una forte valenza educativa. Introduce i visitatori a scelte più consapevoli, sensibilizzandoli verso un consumo responsabile e sostenibile, e alimenta un dialogo diretto tra produttori e consumatori, favorendo una maggiore comprensione del valore culturale e ambientale dei prodotti IG. Il Turismo DOP non è quindi solo una forma di valorizzazione del territorio, ma un vero e proprio strumento di sviluppo sostenibile, capace di armonizzare economia, cultura e ambiente in un’unica visione inclusiva e proiettata verso il futuro.
LE PRATICHE SOSTENIBILI
Partendo dallo schema previsto dall’art. 7, comma 2 del Reg. (UE) 2024/1143, è possibile individuare una serie di pratiche sostenibili con cui i Consorzi dovranno interagire. Queste pratiche, pur spesso intersecandosi in modo trasversale, possono essere suddivise in ambiti settoriali: pratiche agricole ecocompatibili, gestione efficiente delle risorse naturali e riduzione dell’impatto ambientale; promozione di filiere corte, equa distribuzione del valore lungo la catena produttiva e supporto alle economie locali; tutela dei diritti dei lavoratori, valorizzazione delle tradizioni locali e promozione della coesione sociale; rispetto degli standard di benessere per gli animali coinvolti nella produzione.
Cambiamenti climatici
Tra le iniziative sostenibili che un gruppo di produttori può scegliere di adottare nella realizzazione dei propri prodotti, assumono un ruolo centrale le azioni volte sia alla mitigazione dei cambiamenti climatici che all’adattamento agli stessi. Questi due approcci sono i pilastri essenziali della risposta globale alla crisi climatica. Tale prospettiva non solo riveste un ruolo prioritario nel Green Deal europeo e nel Piano Fit for 55, ma è anche al centro di numerose normative europee e nazionali rilevanti. Tra queste, spiccano il Regolamento (UE) 2021/1119, che mira al raggiungimento della neutralità climatica, e il Decreto MASE n. 434 del 21 dicembre 2023, relativo al Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici. Queste azioni si allineano con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’ONU, contribuendo in particolare al raggiungimento degli obiettivi di “Energia pulita e accessibile” (SDG 7) e di “Lotta contro il cambiamento climatico” (SDG 13). Tali iniziative rafforzano il valore di un approccio integrato, capace di coniugare la tutela ambientale con la resilienza economica e sociale. L’impatto di queste iniziative va oltre i temi legati alla sostenibilità ambientale, definiti nella Strategia di Sostenibilità per le Indicazioni Geografiche (SSGI), come “Atmosfera”, “Terra e paesaggio” e “Materiali ed energia”, coinvolgendo anche l’ambito economico, con particolare attenzione alla “Vulnerabilità”, strettamente legata alla gestione del rischio.
Uso sostenibile delle risorse
L’uso sostenibile delle risorse per garantire la resilienza del settore agricolo, la salvaguardia del paesaggio e il benessere delle comunità. Per perseguire questi obiettivi, è necessario un impegno costante da parte di tutti gli attori della filiera, sostenuto dalle iniziative promosse dai Consorzi di tutela. A livello normativo, il tema è affrontato da diverse regolamentazioni di rilievo, tra cui la Convenzione europea del paesaggio, la Direttiva 92/43/CEE (nota come Direttiva Habitat) e, per quanto riguarda specificamente le risorse idriche, la Direttiva 2000/60/CE (Direttiva Quadro sulle Acque) e la Direttiva 91/676/CEE (sui nitrati). A livello nazionale, il legislatore ha cercato di rispondere alle criticità esistenti con il Testo Unico Ambientale offrendo un quadro normativo orientato a un futuro più sostenibile per le risorse naturali, sia agricole che non. L’uso sostenibile un impatto significativo sulla sostenibilità complessiva, tanto da essere centrale in quattro Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030: Obiettivo 6: Acqua pulita e servizi igienico-sanitari; Obiettivo 11: Città e comunità sostenibili; Obiettivo 12: Consumo e produzione responsabili; Obiettivo 15: La vita sulla terra. Nel contesto della Strategia di Sostenibilità per le Indicazioni Geografiche (SSGI), questi temi sono inclusi nei criteri relativi a “Terra e paesaggio”, “Materiali ed energia” e “Acqua”. Dal punto di vista sociale, inoltre, contribuiscono direttamente alla “Sicurezza e salute della comunità”, rafforzando la connessione tra la tutela ambientale e il benessere collettivo.
Economia circolare e sprechi
L’economia circolare rappresenta un paradigma economico innovativo che si propone di superare il modello lineare “produci-consuma-smaltisci”, promuovendo invece la rigenerazione delle risorse, il riciclo dei materiali e il riutilizzo dei prodotti. Questo approccio, particolarmente rilevante nel settore agroalimentare, mira a ridurre al minimo gli sprechi lungo l’intera filiera produttiva, dal campo alla tavola, valorizzando le risorse in ogni fase del ciclo di vita dei prodotti. Gli impegni delle filiere in questa direzione rappresentano strumenti efficaci per affrontare le sfide globali con significative implicazioni ambientali ed economiche, risultando pienamente coerenti con gli obiettivi della Strategia Farm to Fork dell’Unione Europea. Sul piano normativo, il quadro attuale non è particolarmente ampio né aggiornato. A livello europeo, le principali disposizioni sono rappresentate dalla Direttiva (UE) 2008/98/CE, che stabilisce i principi fondamentali per la gestione dei rifiuti, e dal Piano d’Azione per l’Economia Circolare, destinato a guidare l’adozione di una nuova legislazione europea in materia. In Italia, la Legge 19 agosto 2016, n. 166 disciplina la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale, contribuendo al contenimento degli sprechi alimentari. Queste iniziative sono strettamente allineate con l’Obiettivo 12 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU (Consumo e produzione responsabili), che mira a dimezzare lo spreco alimentare globale pro capite a livello di vendita al dettaglio e tra i consumatori, oltre a ridurre le perdite di cibo lungo l’intera catena di produzione e fornitura, comprese quelle del post-raccolto. Le misure adottate in tal senso influiscono positivamente sul pilastro della resilienza economica della Strategia di Sostenibilità per le Indicazioni Geografiche (SSGI), con particolare riferimento agli investimenti. Inoltre, esse incidono direttamente sulla gestione e sull’uso sostenibile del territorio e del paesaggio, nonché sull’uso efficiente delle risorse e degli input produttivi, temi fondamentali che rientrano rispettivamente nelle aree di “Terra e paesaggio” e “Materiali ed energia” della dimensione ambientale.
Inquinamento
Uno dei principali problemi legati al settore agroalimentare è rappresentato dall’inquinamento, con particolare riferimento alle emissioni di gas serra, che contribuiscono in maniera significativa al cambiamento climatico. Questo scenario evidenzia l’urgenza di interventi strutturati e mirati, rendendo la riduzione dell’impatto ambientale una priorità per le politiche agricole a livello nazionale e internazionale. Per affrontare questa sfida, è necessario un ripensamento radicale delle pratiche agricole e industriali, adottando un approccio integrato orientato alla sostenibilità. Ciò implica la promozione di soluzioni innovative che vadano oltre la semplice riduzione delle emissioni, intervenendo su tutti i livelli della filiera produttiva: dalla gestione del suolo all’ottimizzazione dei processi di trasformazione, fino alla distribuzione e al consumo. In questo contesto, l’Accordo di Parigi sul clima rappresenta uno strumento fondamentale per il contrasto alle emissioni di gas serra a livello globale. A esso si aggiungono la Direttiva 2008/50/CE, che mira a migliorare la qualità dell’aria, e la recente Direttiva (UE) 2024/1785, che ha equiparato alcuni tipi di allevamento agli impianti industriali, introducendo specifiche disposizioni da rispettare. In linea con l’Obiettivo 12 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU (Consumo e produzione responsabili), questo approccio trova riscontro nel pilastro dell’integrità ambientale della Strategia di Sostenibilità per le Indicazioni Geografiche (SSGI), che abbraccia in particolare il tema “dell’atmosfera”, includendo la qualità dell’aria e le emissioni, ma anche i temi di “Terra e paesaggio” e “Materiali ed energia”. L’impatto sull’ambiente e sulla salute pubblica dell’inquinamento fa sì che tale problematica venga ricompresa anche nel pilastro del Benessere sociale, in particolare nel tema della “Sicurezza e salute della comunità”, con un focus specifico sulla salute pubblica.
Biodiversità
La biodiversità è un elemento fondamentale per il settore agroalimentare, poiché influisce direttamente e indirettamente su tutti gli aspetti della produzione agricola. Tuttavia, negli ultimi decenni, è stata gravemente compromessa da pratiche agricole intensive, che hanno ridotto la varietà di specie animali e vegetali nei territori rurali, alterando gli equilibri ecologici essenziali per un’agricoltura sostenibile e produttiva. A livello internazionale, il tema della biodiversità è affrontato dalla Convenzione sulla Diversità Biologica e, soprattutto, dalla Strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030. Quest’ultima prevede la creazione di zone protette che coprano almeno il 30% della superficie terrestre e marina dell’Unione, con l’obiettivo di ampliare la rete Natura 2000 esistente e ripristinare gli ecosistemi degradati in tutta l’UE entro il 2030 attraverso una serie di impegni e misure specifiche. A livello nazionale, la Legge 1° dicembre 2015, n. 194 rappresenta il principale riferimento per la tutela e la valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare, promuovendo azioni concrete per proteggere e preservare le risorse naturali che sostengono il settore agroalimentare. Nel contesto globale, l’Obiettivo 15 – La Vita sulla Terra dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite promuove azioni volte a garantire la conservazione, il ripristino e l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri e delle risorse di acqua dolce. L’obiettivo mira a ridurre il degrado degli ambienti naturali, arrestare la distruzione della biodiversità e proteggere le specie a rischio di estinzione attraverso interventi rapidi ed efficaci. Nell’ambito della SSGI FAO, il tema della “Biodiversità” è trattato approfonditamente nel pilastro ambientale, anche con un focus particolare su “Terra e Paesaggio” e “Acqua”. Tuttavia, la perdita di biodiversità ha ripercussioni significative anche sul pilastro del benessere sociale, soprattutto in relazione alla sicurezza alimentare. La riduzione della biodiversità agricola aumenta infatti la vulnerabilità del sistema agroalimentare, riducendo la resilienza delle filiere e accrescendo i rischi di instabilità nell’approvvigionamento alimentare.
Pesticidi e antimicrobici
La sostenibilità nel settore agricolo è strettamente legata alla capacità di ridurre l’uso di sostanze chimiche, come pesticidi e fertilizzanti, promuovendo pratiche agricole che minimizzino l’impatto ambientale e salvaguardino la salute umana. La gestione responsabile di tali sostanze non solo contribuisce a preservare gli ecosistemi naturali, ma favorisce anche la qualità del suolo e delle risorse idriche, elementi essenziali per una produzione agricola sostenibile nel lungo termine. Un problema particolarmente critico è rappresentato anche dal ricorso massiccio ad antimicrobici nell’allevamento, che ha contribuito significativamente allo sviluppo della resistenza antimicrobica (AMR). Questo fenomeno è considerato una delle principali minacce globali alla salute pubblica, con gravi implicazioni per l’uomo, gli animali e l’ambiente. Oltre ad essere uno degli obiettivi centrali della Strategia Farm to Fork, le problematiche legate all’uso dei pesticidi sono affrontate dalla Direttiva 91/676/CEE sulla tutela delle acque sotterranee e dalla Direttiva 2009/128/CE, che ha istituito un quadro per un uso sostenibile dei pesticidi, riducendone i rischi e gli impatti sulla salute umana e sull’ambiente. Quest’ultima promuove inoltre l’adozione della difesa integrata e di approcci o tecniche alternative. In Italia, il tema è regolamentato dal Decreto Legislativo 150/2012, che definisce le misure per un uso sostenibile dei pesticidi a livello nazionale. Per quanto riguarda la resistenza antimicrobica, la regolamentazione a livello europeo è rappresentata dal Regolamento (UE) 2019/6 sui medicinali veterinari, che pone l’accento sulla riduzione e sull’uso prudente degli antimicrobici negli animali allevati. Le criticità legate a pesticidi e antimicrobici si riflettono sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030, in particolare sull’Obiettivo 3 – Salute e benessere, che mira a garantire una vita sana e promuovere il benessere per tutti, e sull’Obiettivo 6 – Acqua pulita e servizi igienico-sanitari, che riguarda la protezione e la gestione sostenibile delle risorse idriche. Le implicazioni ambientali e sanitarie derivanti dall’uso eccessivo di queste sostanze hanno infatti effetti diretti e indiretti sull’uomo e sugli ecosistemi. Nel contesto della SSGI FAO, il tema si inserisce principalmente nel pilastro dell’integrità ambientale, con impatti rilevanti sui temi “Terra e paesaggio”, “Materiali ed energia” ed “Acqua”. Al tempo stesso, interessa anche la resilienza economica, poiché è strettamente legato alla qualità del prodotto e alla sicurezza alimentare (food safety). Inoltre, l’impatto sulla salute pubblica colloca queste problematiche nel pilastro del benessere sociale, in particolare all’interno del tema “Sicurezza e salute delle comunità”.
Benessere animale
Il benessere degli animali rappresenta un elemento centrale delle politiche agricole e alimentari moderne, sia per ragioni etiche che per il suo impatto diretto sulla qualità e sulla sicurezza dei prodotti. L’attenzione al benessere animale è diventata una priorità sempre più sentita dall’opinione pubblica, influenzando le scelte dei consumatori e delineando nuove sfide per i produttori. Garantire il benessere degli animali richiede uno sforzo coordinato lungo tutta la filiera, dalla gestione degli allevamenti fino al trasporto e alla macellazione, con l’obiettivo di adottare pratiche che rispettino le esigenze fisiologiche e comportamentali degli animali. Le normative europee, come il Regolamento (CE) n. 1099/2009 sul benessere degli animali durante l’abbattimento e la Direttiva 98/58/CE relativa alla protezione degli animali negli allevamenti, rappresentano strumenti essenziali per garantire l’applicazione di standard minimi comuni. A livello nazionale, il Decreto Legislativo 146/2001 ha recepito la Direttiva europea del 1998, mentre la Legge 77/2020 ha istituito il Sistema di Qualità Nazionale per il Benessere Animale (SQNBA), uno standard qualitativo costituito da requisiti specifici per il benessere degli animali. Il miglioramento delle condizioni degli animali negli allevamenti è strettamente connesso agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030, in particolare all’Obiettivo 3 – Salute e benessere, considerando che le condizioni di allevamento possono incidere anche sulla salute umana. Nel contesto della SSGI FAO, il benessere animale rientra nel pilastro dell’integrità ambientale, con particolare riferimento al tema specifico del “Benessere animale”. Ha inoltre forti connessioni con la resilienza economica, in relazione alla qualità del prodotto e alla trasparenza delle informazioni fornite, e con il pilastro del benessere sociale, in particolare per il tema “Sicurezza e salute delle comunità”.
Reddito equo e sviluppo rurale
Garantire un reddito equo ai produttori agricoli, diversificare le attività economiche nelle aree rurali e promuovere la produzione locale sono obiettivi fondamentali per sostenere il settore agricolo e valorizzare il tessuto rurale. Questi elementi rappresentano una risposta concreta alle sfide socio-economiche che caratterizzano le aree rurali, contribuendo a contrastare lo spopolamento e a ridurre le disparità territoriali. Le Indicazioni Geografiche svolgono un ruolo chiave in questo contesto, offrendo ai produttori l’opportunità di ottenere un reddito maggiore rispetto ai prodotti agroalimentari generici. Tale vantaggio deriva dal legame intrinseco tra il prodotto e il territorio di origine, che impedisce la delocalizzazione della produzione e valorizza appieno le risorse locali. In questo modo, le Indicazioni Geografiche non solo sostengono l’economia rurale, ma favoriscono anche la conservazione delle tradizioni e del patrimonio culturale, contribuendo al mantenimento della popolazione nelle aree rurali. Tematiche che vengono affrontate all’interno degli strumenti finanziari della PAC e sostenuti dalla Strategia Farm to Fork, ma interessano anche l’art. 32 del Regolamento (UE) 2024/1143 che ha introdotto la possibilità per i Consorzi di sviluppare servizi turistici nella zona di riferimento. La garanzia di un reddito equo è sicuramente uno degli obiettivi del Decreto Legislativo n. 198/2021 che, in attuazione della Direttiva (UE) 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare, ha introdotto una serie di pratiche commerciali sleali vietate che si applica ai rapporti business to business. Questi obiettivi migliorano la qualità della vita degli agricoltori, rafforzano la resilienza delle comunità rurali e promuovono uno sviluppo locale sostenibile in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, in particolare l’Obiettivo 2 – Sconfiggere la fame, l’Obiettivo 8 – Lavoro dignitoso e crescita economica e l’Obiettivo 12 – Consumo e produzione responsabili. Nell’ambito della SSGI FAO, queste iniziative si inseriscono in maniera trasversale, interessando diversi pilastri fondamentali. Sul versante della resilienza economica, esse contribuiscono a sostenere la redditività agricola, a incentivare gli approvvigionamenti locali e a promuovere la creazione di valore aggiunto, garantendo al contempo maggiore liquidità per i produttori. Dal punto di vista sociale, trovano espressione nel tema delle “Pratiche commerciali premianti”, che mirano a favorire un’equa distribuzione del valore lungo tutta la filiera produttiva. Infine, sotto il profilo ambientale, queste iniziative generano significative ricadute positive sul territorio, contribuendo alla tutela e alla valorizzazione di elementi essenziali inclusi nel tema “Terra e il paesaggio”.
Occupazione giovani agricoltori
Il mantenimento dell’occupazione nel settore agricolo rappresenta una priorità cruciale per salvaguardare la vitalità delle aree rurali, preservare le tradizioni agricole e sostenere una produzione alimentare resiliente e di qualità. Questo obiettivo assume particolare rilevanza in un contesto di crescente spopolamento e invecchiamento delle popolazioni rurali, rendendo indispensabile attrarre giovani produttori e nuovi operatori. La partecipazione dei giovani non solo garantisce un ricambio generazionale, ma rappresenta anche un motore per l’innovazione, la sostenibilità e la competitività del settore. Le filiere delle IG svolgono un ruolo strategico in questo processo, poiché offrono un modello di sviluppo basato sulla valorizzazione delle risorse locali e sulla tutela delle tradizioni, integrando al contempo innovazioni tecnologiche e organizzative. Questi sistemi di qualità permettono di conferire un valore aggiunto ai prodotti, accrescendo la reputazione e la redditività delle produzioni certificate. Di conseguenza, le IG creano opportunità economiche significative per i produttori, incentivando l’ingresso delle nuove generazioni e promuovendo modelli di business sostenibili e radicati nel territorio. Il pagamento diretto ai giovani agricoltori è da anni uno dei capisaldi del 1° pilastro della Politica Agricola Comune, e nella PAC 2023-2027 gli Stati membri devono destinare almeno il 3% del loro bilancio a tale pagamento. Questa pratica è peraltro in linea con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, in particolare con l’Obiettivo 2 – Sconfiggere la fame, che mira a raddoppiare la produttività agricola e il reddito dei produttori di cibo su piccola scala, e con l’Obiettivo 8 – Lavoro dignitoso e crescita economica, che intende garantire un’occupazione piena e produttiva, in particolare per i giovani. Nel contesto della SSGI FAO, queste azioni hanno un impatto trasversale su tre pilastri. Nel pilastro della resilienza economica, contribuiscono a garantire la redditività delle produzioni, a creare valore aggiunto per le comunità e a sostenere la liquidità dei produttori, favorendo al contempo la stabilità economica delle aree coinvolte. Nel pilastro sociale, rafforzano il tema delle “Pratiche commerciali premianti”, promuovendo una distribuzione equa del valore lungo la filiera e migliorando la qualità della vita dei produttori. Infine, nel pilastro dell’integrità ambientale, il legame con il territorio caratteristico delle IG supporta la conservazione e la valorizzazione del tema “Terra e paesaggio”, incentivando un utilizzo sostenibile delle risorse naturali e contribuendo alla protezione degli ecosistemi locali.
Condizioni di lavoro e sicurezza
Il miglioramento delle condizioni di lavoro e della sicurezza nel settore agricolo e nella trasformazione agroalimentare è fondamentale per garantire la dignità e la protezione dei lavoratori, oltre a contribuire alla sostenibilità delle imprese. Il settore agricolo, spesso sotto osservazione a causa di problemi legati al caporalato e al lavoro stagionale, soffre di instabilità contrattuale, che rappresenta una criticità significativa. A questi problemi si aggiungono i rischi fisici, chimici, biologici e ambientali intrinseci alle attività agricole. Dal punto di vista normativo, è rilevante la Convenzione n. 184 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sulla salute e sicurezza in agricoltura e la Direttiva 89/391/CEE, che promuove il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori in tutti i settori. A livello nazionale, il Decreto Legislativo 81/2008 introduce prescrizioni mirate a garantire un adeguato livello di sicurezza e salute sul lavoro. La Legge 199/2016, inoltre, affronta il contrasto al lavoro nero e allo sfruttamento lavorativo in agricoltura, prevedendo misure per il riallineamento retributivo nel settore. Questi interventi si inseriscono nell’Obiettivo 8 – Lavoro dignitoso e crescita economica – dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, che mira a tutelare il diritto al lavoro e a promuovere ambienti lavorativi sani e sicuri per tutti i lavoratori. Gli impatti si riflettono nella SSGI FAO, in particolare nelle “Disposizioni in materia di sicurezza e salute sul lavoro”, ma anche in temi come “Mezzi di sussistenza dignitosi”, “Equità” e “Diritti del lavoro”. Dal punto di vista della Buona Governance, i principali indicatori includono “Responsabilità” e “Norme di legge”, mentre sotto il profilo della resilienza economica emerge l’importanza degli “Investimenti” per migliorare le condizioni lavorative e la sicurezza.
A cura della redazione
Fonte: Consortium 2024_04