Due studi pubblicati su Nature Review Earth & Environment e Global Change Biology fanno il punto sui futuri rischi ed opportunità della viticoltura mondiale ed europea
La produzione di vino rappresenta un importante patrimonio economico e culturale per molte comunità in tutto il mondo. A livello globale, nel 2020 sono state raccolte 80 milioni di tonnellate di uva da 7,4 milioni di ettari di terreno, la metà delle quali è stata vinificata. A differenza degli altri prodotti agricoli, la sostenibilità finanziaria della produzione di vino non dipende esclusivamente dalla resa al netto dei costi di produzione, ma soprattutto dalla sua qualità e dalla reputazione acquisita negli anni. Quest’ultima risiede innanzitutto nel produrre la giusta varietà di vino nel giusto clima. Da questa affinità deriva il concetto di terroir, ovvero l’identità territoriale di un determinato vino, attualmente tutelata e regolamentata da normative rigorose, come le DOP IGP in Europa.
Esistono oltre 10.000 cultivar di vite (Vitis vinifera) riconosciute, ognuna delle quali, per poter crescere e maturare in modo ottimale, necessita di specifiche condizioni climatiche, particolarmente in termini di temperatura e precipitazioni. La temperatura modula lo sviluppo fenologico della vite, dalla germogliazione alla maturità, passando per la fioritura e l’invaiatura. I frutti possono considerarsi maturi per la vendemmia quando gli acidi al loro interno vengono ben bilanciati dagli zuccheri, in funzione del tipo di vino che si intende produrre. Il raggiungimento di tale equilibrio è una condizione necessaria ma non sufficiente per ottenere un vino di qualità. Per una produzione ottimale, infatti, la maturazione e la raccolta dovrebbero avvenire in un periodo specifico dell’anno, quando cioè le temperature esterne sono relativamente miti, in modo da favorire tutti quei processi metabolici e fisiologici necessari per lo sviluppo ottimale delle componenti aromatiche del vino. Alle medie latitudini dell’emisfero nord, ad esempio, nelle attuali condizioni climatiche, il periodo ottimale per la raccolta va tipicamente da circa metà settembre a metà ottobre. Inoltre, è essenziale che nelle regioni di produzione la frequenza di eventi metereologici estremi come gelate primaverili o severe ondate di calore in estate sia pressoché nulla.
Le precipitazioni sono un altro fattore fondamentale nel determinare una produzione ottimale. Da un lato, la mancanza di pioggia può causare stress idrico in assenza di irrigazione, causando una drastica diminuzione della produttività dell’uva. Dall’altro, precipitazioni eccessive nei periodi più caldi dell’anno aumentano la possibilità di parassiti e malattie, come la peronospora e, in generale, hanno un effetto negativo sulla qualità del vino. Un livello di precipitazioni annuo tra i 500 e i 900 mm è considerato ideale per una produzione ottimale, soprattutto se concentrate prima dell’invaiatura. Inoltre, è fondamentale che le grandinate estive, che potrebbero severamente danneggiare il raccolto, siano un evento meteorologico raro.
Le specifiche esigenze termiche ed idriche della vite identificano una limitata fascia geografica dove le condizioni ottimali per la produzione di vino sono soddisfatte. Nel clima odierno, l’optimum eno-climatico è racchiuso, a parte qualche sporadica eccezione, tra i 35° e i 50° di latitudine in entrambi gli emisferi, e per altitudini prevalentemente al di sotto dei 1000 m. Il cambiamento climatico potrebbe però scombussolare l’odierna geografia delle regioni vitivinicole.
L’aumento delle temperature porterà a maturità più precoci ed a più tardivi periodi ottimali per la raccolta. Tale desincronizzazione rappresenta il primo grande ostacolo che i produttori dovranno affrontare. Inoltre, la siccità in alcune aree e le maggiori precipitazioni in altre, nonché l’aumento della frequenza di eventi meteorologici estremi, sono ulteriori fattori che minacciano il potenziale produttivo delle regioni vinicole più rinomate. Due studi sintetizzano i rischi e le opportunità futuri della viticoltura nei prossimi decenni, delineando un possibile nuovo atlante delle regioni vinicole nel mondo e in Europa per diversi scenari di riscaldamento globale.
Giovanni Sgubin, Climatologo ed oceanografo, è ricercatore presso il Dipartimento di Scienze della Terra e del Mare dell’Università degli Studi di Palermo. Laureato in Scienze Nautiche presso l’Università “Parthenope” di Napoli, ha conseguito un Dottorato di Ricerca in Scienze ed Ingegneria del Mare presso l’Università Federico II di Napoli nel 2012. Negli ultimi 12 anni ha svolto la propria attività di ricerca presso diversi Istituti europei come l’IMAU di Utrecht, l’IPSL di Parigi, e l’EPOC di Bordeaux.
Metodologia
L’indicatore di idoneità climatica per la produzione ottimale di vino, qui denominato idoneità eno-climatica, misura il grado di sostenibilità ambientale ed economica della produzione vinicola in una specifica regione. Esso è stato calcolato integrando i risultati di vari modelli climatici con modelli fenologici, di produttività e statistici, e definendo una serie di indicatori bioclimatici ed ecoclimatici. Le stime di idoneità eno-climatica coprono l’intero spettro delle famiglie di vitigni in base alle loro esigenze termiche, dalle varietà a maturazione precoce (come lo Chardonnay) a quelle a maturazione tardiva (come il Cabernet Sauvignon). Sono stati considerati due scenari futuri: uno che prevede il mantenimento del riscaldamento globale entro 2°C rispetto al periodo pre-industriale, e l’altro che prevede un ulteriore aumento della temperatura globale fino a 4°C. L’indicatore di idoneità eno-climatica ha permesso di elaborare una sintesi globale dei rischi di perdita di idoneità nelle regioni vinicole tradizionali, nonché di identificare le aree che potrebbero acquisire un’elevata potenzialità in futuro (Figura 1). Inoltre, ha consentito di stimare la capacità e la versatilità produttiva di una determinata regione, misurando quante varietà possono essere coltivate in modo ottimale in quella specifica area (Figura 2).
Risultati
L’optimum eno-climatico si sposterà verso latitudini e altitudini più elevate. L’entità di questo cambiamento dipenderà dal livello di riscaldamento globale raggiunto nei prossimi decenni, con perdite di idoneità eno-climatica che cresceranno esponenzialmente all’aumentare delle temperature. Le stime future sull’indicatore di idoneità eno-climatica delineano quattro livelli di rischio di perdita per le regioni vinicole tradizionali e nuove opportunità altrove, definendo una nuova geografia globale del vino (Figura 1).
- Rischio nullo: regioni che potranno trarre vantaggio dai cambiamenti climatici, con un potenziale incremento nella produzione e nella qualità dei vini, includono il nord del Pacifico in Nord America, il sud del Regno Unito, l’Europa continentale, le aree subalpine, la Tasmania e il sud della Nuova Zelanda.
- Rischio basso: regioni che potranno mantenere la loro idoneità climatica con pratiche di gestione del vigneto non invasive, come potature tardive, aumento della copertura fogliare, e ottimizzazione della densità e del radicamento delle piante. Con un riscaldamento globale limitato a 2°C, oltre il 50% delle regioni vinicole tradizionali, tra cui il nord della California, Mendoza, la Loira, Bordeaux, il Rodano, la Rioja e il Douro, presenta un rischio di perdita di idoneità eno-climatica da nullo a basso. Tuttavia, con un riscaldamento superiore, solo una regione vinicola su quattro potrebbe mantenere gli attuali standard produttivi mediante pratiche poco invasive.
- Rischio medio: regioni che necessiteranno misure di adattamento radicali come l’irrigazione intensiva, l’uso massivo di pesticidi, e, in ultima istanza, la sostituzione degli attuali vitigni con varietà a maturazione tardiva. Tale rischio interesserà il sud Europa, il sud California e parte dell’Australia già per livelli di riscaldamento inferiori ai 2°C, e si estenderà alla maggior parte delle regioni vinicole per livelli di riscaldamento superiore.
- Rischio alto: regioni che diventeranno inadatte per la produzione di vini di alta qualità, anche con misure d’adattamento radicali. Per un riscaldamento superiore a 2°C, tale rischio interesserà il 20% delle aree vinicole, perlopiù concentrate nella zona Mediterranea.
L’Europa, che da sola oggi produce circa i 2/3 del vino mondiale, vedrà drasticamente diminuire la propria eccellenza produttiva al sud, mentre nuove regioni di produzione di qualità potranno spingersi a nord fino alla Scandinavia (Figura 2). Le regioni italiane, insieme a quelle spagnole e greche, saranno tra le più vulnerabili. Con un riscaldamento limitato a 2°C, la maggior parte delle aree potrà riadattarsi, seppur in alcune regioni della pianura padana e del sud Italia la produzione potrebbe divenire già problematica.
Un riscaldamento superiore peggiorerebbe drasticamente la situazione, fino ad una perdita del 90% delle eccellenze vinicole italiane se il riscaldamento globale dovesse raggiungere i 4°C. L’unica eccezione è rappresentata dal Trentino Alto Adige, che potrebbe beneficiare di temperature maggiori ed aumentare il proprio potenziale produttivo acquisendo maggiore versatilità nelle varietà coltivabili.
Conclusioni
La geografia del vino è destinata a cambiare sostanzialmente nei prossimi decenni. Regioni non tradizionalmente dedite alla viticoltura potranno beneficiare del cambiamento climatico, diventando nuove aree d’eccellenza produttiva. In Europa, l’estensione totale delle aree potenzialmente idonee potrebbe addirittura aumentare. Tuttavia, la viticoltura rappresenta una possibilità puramente teorica in queste regioni emergenti, essendo subordinata alla disponibilità e all’idoneità del suolo.
Nella maggior parte delle regioni tradizionali, invece, l’idoneità climatica alla viticoltura diminuirà. È importante specificare che un basso valore di idoneità non preclude la produzione di vino, ma indica una sua ridotta qualità ed un valore di mercato troppo basso rispetto ai crescenti costi di produzione. Interventi invasivi come l’irrigazione intensiva e l’uso massiccio di pesticidi, che si renderanno sempre più necessari in alcune regioni, oltre a mettere a rischio la redditività economica dell’attività, renderebbero la produzione vinicola insostenibile dal punto di vista ambientale.
Per poter preservare al massimo l’attuale eccellenza produttiva, i viticoltori saranno obbligati ad adottare una serie di misure d’adattamento che vanno da una semplice gestione strategica del vigneto ad una ben più drastica sostituzione delle attuali varietà coltivate con altre più adatte ad un clima più caldo. Quest’ultima misura si renderà verosimilmente necessaria nella maggior parte delle regioni vinicole del mondo se il riscaldamento globale dovesse superare i 2°C. Solo una minima parte delle oltre 10.000 cultivar di vite è attualmente coltivata per la produzione di vino, con il 50% della produzione globale coperta da soli 12 vitigni. Questa diversità inutilizzata offre ampi margini per un’ottimale sostituzione delle cultivar, laddove necessaria. Tale misura richiederebbe però una revisione delle normative vigenti a tutela dei terroir, un tema delicato nel mondo del vino, fortemente legato alle tradizioni e all’identità territoriale.
Puntare su nuove varietà presupporrebbe un radicale sconvolgimento delle tipicità regionali. Tuttavia, rifiutando categoricamente questo cambiamento, si rischierebbe di compromettere la vocazione vinicola di intere aree oggi rinomate per la loro eccellenza produttiva.
Titolo
Climate change impacts and adaptations of wine production
Autori
C. van Leeuwen, G. Sgubin, B. Bois, N. Ollat, D. Swingedouw, S. Zito, G.A. Gambetta
Fonte
Nature Review Earth &Environment 5, 258–275 (2024)
https://doi.org/10.1038/s43017-024-00521-5Abstract
Il cambiamento climatico sta influenzando la resa dell’uva, la composizione e la qualità del vino. Di conseguenza, la geografia della produzione vinicola sta cambiando. In questa revisione, discutiamo le conseguenze del cambiamento di temperatura, precipitazioni, umidità, radiazioni e CO2 sulla produzione vinicola globale ed esploriamo strategie di adattamento. Le attuali regioni vinicole si trovano principalmente alle medie latitudini (California, USA; Francia meridionale; Spagna settentrionale e Italia; Barossa, Australia; Stellenbosch, Sudafrica; e Mendoza, Argentina, tra le altre), dove il clima è abbastanza caldo da consentire la maturazione dell’uva, ma senza calore eccessivo e relativamente secco per evitare una forte pressione delle malattie. Circa il 90% delle regioni vinicole tradizionali nelle regioni costiere e di pianura di Spagna, Italia, Grecia e California meridionale potrebbero rischiare di scomparire entro la fine del secolo a causa dell’eccessiva siccità e delle ondate di calore più frequenti con il cambiamento climatico.
Titolo
Non-linear loss of suitable wine regions over Europe in response to increasing global warming
Autori
G. Sgubin, D. Swingedouw, J. Mignot, G.A. Gambetta, B. Bois, H. Loukos, T. Noël, P. Pieri, I. García de Cortázar-Atauri, N. Ollat, C. van Leeuwen
Fonte
Global Change Biology, 29, 808–826 (2023)
doi: 10.1111/gcb.16493Abstract
La valutazione della potenziale idoneità climatica per la produzione di vino di qualità è fondamentale per la pianificazione dell’adattamento in Europa. Mentre nuove regioni vinicole potrebbero emergere dai confini tradizionali, la maggior parte delle attuali regioni vinicole rinomate potrebbe essere minacciata dal cambiamento climatico. Qui, analizziamo la futura evoluzione della geografia della produzione vinicola in Europa, attraverso la definizione di un nuovo indicatore di idoneità climatica, che viene calcolato sulle fasi fenologiche previste della vite per tenere conto delle loro possibili contrazioni sotto il riscaldamento globale. Il nostro approccio consiste nell’accoppiare sei diverse proiezioni climatiche de-biased downscaled in due diversi scenari di riscaldamento globale con quattro modelli fenologici per diverse varietà di vite. L’indicatore di idoneità risultante si basa sulla logica fuzzy ed è calcolato su tre componenti principali che misurano (i) la tempistica della maturazione fisiologica del frutto, (ii) il rischio di stress idrico e (iii) il rischio di parassiti e malattie. I risultati dimostrano che il livello di riscaldamento globale determina in larga misura la distribuzione delle future regioni vinicole. Per un aumento della temperatura globale limitato a 2°C al di sopra del livello preindustriale, le aree idonee sulle regioni tradizionali si riducono di circa il 4%/°C di aumento, mentre per livelli più elevati di riscaldamento globale, il tasso di questa perdita aumenta fino al 17%/°C.
Bibliografia essenziale
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A cura della redazione
Fonte: Consortium 2024_03