Senza il finto italiano di produzione locale, le esportazioni agroalimentari dall`Italia potrebbero puntare al raddoppio dei ricavi. Servirebbero investimenti mirati ultradecennali per centrare l’obbiettivo.
Nelle policrisi in cui viviamo rimane una certezza per l’industria agroalimentare italiana: le esportazioni, grazie a una fame di made in Italy che non accenna a diminuire, anzi. Il valore record raggiunto nel 2023 di 62,2 miliardi di euro (di cui 53,4 maturati grazie al food & beverage e 8,8 con l’agricoltura) è frutto di una crescita che si è mantenuta costante, un tasso medio annuo del 6,4% dal 2010, quando l’export del settore era di 27,8 miliardi.
Impressiona però il fatto che questo valore potrebbe raddoppiare se sapessimo trovare una soluzione al fenomeno dell’Italian sounding (l’utilizzo di denominazioni, riferimenti geografici, immagini, combinazioni cromatiche e marchi che evocano l’Italia su etichette e confezioni di prodotti agroalimentari non italiani). Se n’è occupata ancora una volta The European House Ambrosetti (Teha) che ha presentato all’ottavo forum di Bormio (La roadmap del futuro per il food & beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni) un nuovo aggiornamento 2024 della ricerca specifica sul fenomeno. Visto nell’ottica del bicchiere mezzo vuoto, nel 2023 il fenomeno dell’Italian sounding nel mondo (da non confondere con la contraffazione diretta, che Coldiretti ha quantificato in 25 miliardi di euro a livello globale) ha superato quello dell’export agroalimentare: 63 miliardi di euro contro i 62 miliardi di esportazioni dall`Italia.
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Il nuovo regolamento UE delle DOP IGP STG
Per la prima volta la Dop economy italiana ha a disposizione un testo unico che regolamenta vini, prodotti agroalimentari e bevande spiritose espressione dei territori. L`approvazione del nuovo Regolamento dei prodotti a Indicazione Geografica da parte del Parlamento europeo è un risultato decisivo per l`agroalimentare di qualità, che per la prima volta ha a disposizione un`unica base legislativa. Il nuovo Regolamento testimonia la crescente attenzione alle produzioni territoriali; fornisce, inoltre, strumenti più efficaci per uno sviluppo competitivo e sostenibile delle produzioni di qualità, rafforzando il ruolo dei Consorzi di tutela. Gli obiettivi sono quelli di migliorare l`integrazione sostenibile nella politica europea a favore della qualità e dare maggiore impulso alla posizione dei produttori di tipicità nella catena di approvvigionamento alimentare. In Europa il paniere delle Indicazioni Geografiche è rappresentato da 3.400 prodotti per un valore di 80 miliardi di euro. L`Italia, in questo contesto, è il primo Paese per prodotti certificati con 890 denominazioni riconosciute.
“Il nuovo regolamento sui prodotti certificati – dichiara Cesare Mazzetti, presidente della Fondazione Qualivita – risponde in maniera sostanziale alla necessità di adattare il settore delle Indicazioni Geografiche alle mutate condizioni di mercato, ambientali e sociali, puntualmente evidenziate da Qualivita nei propri rapporti annuali sul sistema. Fin dalla sua fondazione, Qualivita ha sostenuto la necessità di operare identiche e coerenti politiche promozionali e di protezione per un sistema che, oggi, la riforma, invita all’unitarietà, anche sotto al profilo associativo e della rappresentanza, come auspicato anche da numerosi Consorzi di tutela”.
Secondo il direttore generale di Fondazione Qualivita Mauro Rosati “Per l’Italia la Riforma è un punto di partenza utile ad avviare una nuova fase di revisione della politica della qualità. In questi anni, grazie alle filiere DOP e IGP, abbiamo imparato che la valenza territoriale e la certificazione rappresentano il punto centrale della qualità percepita dai cittadini ed il nuovo regolamento ne è un’importante testimonianza”.
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Fonte: Mark Up