L’areale più importante della Lombardia dal punto di vista quantitativo ha ancora tanti obiettivi da raggiungere e potenzialità inespresse. Non è un caso che due big del vino italiano, recentemente, siano venuti proprio qui a fare acquisti e investimenti. Ci sono poi i mercati esteri da coltivare o la più vicina, ma difficile, piazza di Milano, da conquistare. Quali prospettive per il vino dell’Oltrepò Pavese?
“È stato un anno sfidante per noi, sotto molti punti di vista”, ci spiega Gilda Fugazza, produttrice e presidentessa del Consorzio Tutela Oltrepò Pavese, che ci ha dedicato un po’ del suo tempo per fare il punto della situazione di un territorio che custodisce al suo interno 13.500 ettari vitati, 7 denominazioni – 6 Doc e 1 Docg – e che produce mediamente ogni anno, compresi i vini Igt, 75 milioni di bottiglie, pari a circa il 65% della produzione lombarda.
Un dedalo di varietà che vede in cima Croatina (3.900 ha), Barbera (3.000 ha), Pinot nero (2.800 ha), Riesling (1.500 ha) e Moscato (500), ma che vede al tempo stesso la presenza di tantissimi altri vitigni, sia autoctoni che internazionali.
“Il problema della siccità e delle temperature anomale, soprattutto dopo agosto, ci ha ormai portato ad affermare che dobbiamo cambiare qualcosa”. Bisogna, secondo Gilda Fugazza, cominciare a rendersi conto con i fatti e non solo a parole, che i cambiamenti climatici impongono un’accelerazione sul fronte dell’innovazione in vigna.
“Le buone pratiche hanno bisogno di innovazione. Ci vuole un’attenzione maggiore alla tutela delle fasi fenologiche. Dobbiamo probabilmente imparare a potare in modo diverso perché abbiamo bisogno di maggior copertura fogliare. E abbiamo bisogno di andare più in alto, il nostro territorio può farlo, perché lì dove ci sono climi diversi, abbiamo terreni diversi che magari sopportano maggiormente la siccità”.
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Fonte: Civiltàdelbere.com
Crediti foto: Consorzio Tutela Oltrepò Pavese