Uno studio condotto dall’Università di Padova su un campione di undici Indicazioni Geografiche del Veneto mette in evidenza il sottile equilibrio tra produzione e adattamento al cambiamento climatico
Francesco Pagliacci è ricercatore a tempo determinato (RTD tipo B) in Economia Agraria presso il Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-Forestali (TESAF) dell’Università degli Studi di Padova. I suoi interessi di ricerca includono: le strategie di sviluppo rurale, la valorizzazione dei prodotti agroalimentari e delle Indicazioni Geografiche, la vulnerabilità del settore agroalimentare agli eventi naturali avversi e ai cambiamenti climatici. Nei suoi lavori utilizza anche strumenti quantitativi (tecniche econometriche e di econometria spaziale).
Se far fronte ai cambiamenti climatici è complesso per il sistema agroalimentare in generale, per i prodotti IG lo è ancora di più, rendendo più vulnerabile il futuro stesso di interi sistemi economici che si basano sulle produzioni di qualità. Vulnerabilità è proprio la parola chiave. In letteratura, per vulnerabilità si intende il grado di suscettibilità degli individui o delle comunità al cambiamento climatico. A fronte di un medesimo evento climatico avverso, infatti, esistono alcuni fattori (fisici, ambientali, ma anche socioeconomici), che possono incrementare la propensione a essere colpiti e a subire delle perdite.
Nel caso dei prodotti a marchio IG, la loro vulnerabilità è amplificata dal fatto che, per definizione, questi non possono essere realizzati in altre aree o con altri sistemi, rispetto a quelli determinati dai disciplinari di produzione. Nella maggior parte dei casi, questi “terroir” rappresentano infatti micro aree (anche pochi comuni, in alcuni casi). Tolta quindi la possibilità di uno spostamento in altre zone di produzione, resta, ma non in tutti i casi, quella di modificare alcune pratiche agronomiche (ad esempio la semina, la frazione temporale di raccolta ecc.). Tuttavia, anche questo aspetto si traduce in un elemento di potenziale vulnerabilità per questi sistemi produttivi. Si tratta di modificare i disciplinari di produzione, pratica che, allo stato attuale della legislazione europea in materia, potrebbe richiedere anche anni oltre a un dispendio di risorse economiche da parte di piccole realtà.
Inoltre le produzioni DOP IGP spesso si trovano in ambienti dalle condizioni ecologiche, economiche o sociali che non permettono alcuna modifica del disciplinare. Ormai queste considerazioni si sono rese sempre più comuni e attuali per molte realtà produttive. È per questo che il Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-Forestali (TESAF) dell’Università di Padova ha finanziato il progetto “Che succede se il terroir cambia sotto di noi?”, studiando nello specifico i prodotti a marchio DOP IGP del Veneto. Partendo dall’analisi del cambiamento climatico nella regione presa in esame, il Veneto appunto, il team di ricerca è passato a valutare, attraverso una survey compiuta sulle aziende e sui vari stakeholder, le ripercussioni che il cambiamento climatico ha per i singoli prodotti. Nel caso delle IG di origine animale la preoccupazione principale riguarda la pioggia che ormai cade in maniera irregolare creando disagio sull’attingimento di foraggio nelle aree di produzione indicate dai disciplinari. Questo si verifica soprattutto in montagna dove ai problemi connessi con l’irregolarità delle precipitazioni piovose si aggiungono anche i rischi prodotti dal forte vento. Per quanto riguarda le IG di origine vegetale l’indagine ha invece registrato una diversa preoccupazione da parte delle aziende che in questo caso temono anche l’irregolarità delle temperature, con forti gelate fuori stagione (specialmente quelle tardive nel corso della primavera) o al contrario periodi di siccità e caldo anomalo.
Se è innegabile che le DOP e le IGP presentino un elevato livello di vulnerabilità al cambiamento climatico, è bene altresì ricordare che si possono adottare alcune strategie. In questo caso si parla di “strategie di adattamento” e l’indagine dell’Università di Padova ha messo in rilievo le principali misure di prevenzione attuate dai produttori delle IG prese in esame (Fig. 2). In realtà, solo il 25% delle imprese ha già attuato alcune misure, ma il 30% sarebbe nella condizione di poterlo fare nel breve periodo. Oltre a coloro che non rispondono, un ulteriore 30% delle aziende, prevalentemente di media o piccola dimensione, non ha la possibilità (da quella economica a quella di approccio imprenditoriale) per poter fare qualcosa.
Le strategie di adattamento più praticate, nel caso delle colture vegetali, sono la dotazione di coperture anti grandine o anti pioggia, ma anche (laddove permesso dai disciplinari) la modifica di processi e tempi produttivi (per esempio semine posticipate o anticipate) oltre a quella dei metodi di coltivazione. Anche l’irrigazione è una delle pratiche più frequentemente adottate. Spesso, si favoriscono le tecniche di irrigazione di precisione o la micro-irrigazione per evitare spreco di risorsa idrica. Nei casi di prodotti a origine animale, come ad esempio i formaggi, c’è chi si è dotato di impianti di raffrescamento per le stalle (per fronteggiare i periodi di calura estrema sempre più frequenti anche in Veneto). In aggiunta a queste strategie di adattamento più strettamente tecniche, altre riguardano anche le modifiche dei disciplinari in tutti i Consorzi di tutela delle undici denominazioni prese in esame dallo studio. Tali modifiche possono concernere l’ampliamento della gamma varietale o le modalità di produzione o quelle di prodotto (dai tempi di semina e raccolta ai parametri come dimensione o peso). Questo per i prodotti di origine vegetale. Per quelli di origine animale invece le modifiche ai disciplinari possono riguardare la possibilità di importare foraggio (in quota percentuale) anche da altre zone non comprese nell’areale di produzione.
Più potere ai Consorzi, la nuova Riforma IG per adattarsi al cambiamento climatico
Il ruolo dei Consorzi, evidenzia la ricerca dell’Università di Padova, sarà fondamentale in questa lotta al cambiamento climatico. La maggiore flessibilità sull’azione nei disciplinari, o il potere decisionale circa il coordinamento delle strategie di adattamento alle mutate condizioni climatiche potrebbe facilitare l’adozione di attività nei singoli territori e per i singoli casi specifici. Inoltre gli incentivi economici a favore dei Consorzi di tutela potrebbero spingere le piccole e medie imprese ad adottare misure di investimento, grazie al contributo delle risorse pubbliche. Oltre a questo potrebbero nascere anche forme di consulenza diretta, dando vita a reti di scambio di informazioni.
Le IG prese in esame dallo studio
Asparago Bianco di Bassano DOP; Ciliegia di Marostica IGP; Fagiolo di Lamon della Vallata Bellunese IGP; Monte Veronese DOP; Radicchio di Chioggia IGP; Radicchio Rosso di Treviso IGP; Riso Nano Vialone Veronese IGP; Veneto Valpolicella, Veneto Euganei e Berici, Veneto del Grappa DOP – Olio EVO; Casatella Trevigiana DOP; Piave DOP; Marrone di San Zeno DOP.
Titolo
Are We Adapting to Climate Change? Evidence from the High-Quality Agri-Food Sector in the Veneto Region
Autori
D. Salpina, F. Pagliacci
Fonte
Sustainability 2022, 14(18), 11482; https://doi.org/10.3390/su141811482
A cura della redazione
Fonte: Consortium 2023_03