Made in Italy, Teti (capo unità investimenti esteri): si possono aprire chance con il regolamento Ue.
Il ministero delle Imprese e del made in Italy dovrà innanzitutto avere una missione ben chiara, che giustifichi il cambio di nome del dicastero. Di made in Italy si parlerà fortemente nelle istruttorie che il ministero di Urso porterà avanti in materia di “golden power”, cioè di poteri speciali a tutela degli asset e delle filiere produttive strategiche. Ma potrebbero aprirsi finestre di opportunità anche nel campo della politica commerciale, che negli ultimi anni nel dibattito italiano sembrava finita un po’ in naftalina. Si vedrà in che termini il nuovo Mimi e il ministero degli Affari esteri si coordineranno su questa materia, ma di spunti di sicuro ce ne sono diversi.
«Un’arma in più per il made in Italy, ad esempio – commenta Amedeo Teti, tra i maggiori esperti italiani di politica commerciale e attualmente coordinatore della segreteria tecnica del Comitato per l’attrazione degli investimenti esteri dell’ex ministero dello Sviluppo – la offre la proposta di Regolamento europeo sulle indicazioni geografiche per prodotti industriali e artigianali», sul modello di quanto esiste in campo agroalimentare.
Il regolamento, attualmente in discussione, sarebbe uno strumento ideale per azioni di politica commerciale nello spirito del nazionalismo economico professato dal governo Meloni, all’interno comunque di un sistema uniforme a livello Ue di difesa della proprietà intellettuale.
«Vi andrebbe agganciata – commenta Teti – una forte e ripetuta campagna di tutela del vero made in Italy da svolgere sui mercati dei Paesi terzi, per difendere i prodotti italiani dalla contraffazione all’estero».
Secondo Teti, al di là di questo specifico Regolamento Ue, ci sono comunque i margini «per una rinnovata politica commerciale con un approccio più regionalizzato o settorializzato per tutelare la nostra industria e accorciare le filiere produttive». Va minimizzata la dipendenza da grandi player come Cina, India o Russia – è il ragionamento – iniziando il passaggio dai grandi accordi omnicomprensivi, negoziati in passato dalla Commissione europea, ad accordi settoriali.
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Fonte: Il Sole 24 Ore