La produzione italiana di olio d’oliva nella campagna 2022-23 non andrà oltre le 23 mila tonnellate, il 3o% in meno rispetto alla scorsa campagna. È vero che si tratta di una campagna di scarica, prevista dall’alternanza produttiva dell’olio d’oliva, ma è anche vero che la prolungata siccità non poteva non lasciare il segno.
Secondo le stime rese da Coldiretti e Unaprol (una delle principali organizzazioni di produttori olivicoli), sulla produzione italiana peserà il calo del 5o% previsto nella principale regione produttrice: la Puglia. Oltre alla siccità qui ha pesato anche il fenomeno della Xylella in Salento che si stima abbia bruciato circa il 10% del potenziale produttivo regionale. Molto male anche gli altri due importanti bacini di produzione: la Calabria e Sicilia che riporteranno entrambe un meno 30%. Queste tre regioni coprono più di due terzi della produzione nazionale ed è per questo che le loro flessioni non saranno certo bilanciate dagli incrementi produttivi (tra il 10 e il 20%) in Lazio e Toscana né tantomeno dai progressi (tra il 40 e il 60%) messi a segno da Liguria, Lombardia e Veneto.
«È da tempo che non siamo competitivi sulle quantità – ha commentato il presidente dell’Unaprol, David Granieri – tuttavia, se quest’anno la Spagna dovesse scendere sotto il milione di tonnellate, come molti temono, i prezzi dell’extravergine esploderanno e avremo famiglie costrette a rinunciare all’olio d’oliva».
«È innegabile – ha spiegato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini – che su questi risultati pesino tanto i forti rincari produttivi che per alcuni settori sono stati anche del 500 per cento. L’agricoltura e l’olio d’oliva non sono considerati settori energivori mal’incidenza del costo dell’energia sul valore del prodotto è molto elevato. Tanto che quest’anno ci saranno frantoi che rinunceranno a lavorare. Occorre che il Governo valuti di inserire l’agricoltura tra i settoribenefidari del credito di impostaperché altrimenti interi comparti saranno costretti a chiudere».
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Fonte: Il Sole 24 Ore