Standard Ethics presenterà a maggio il Food&Beverage Sustainability Italian Benchmark per le imprese alimentari. Attenzione a filiera, packaging e materie prime: si va da un massimo di “EEE” a un minimo di “F”.
La sostenibilità delle aziende italiane del food and beverage adesso viene misurata da un’agenzia di rating. In maniera simile – almeno concettualmente – al modo in cui a livello economico è valutata l’affidabilità e la solidità finanziaria di società o Stati sovrani. Standard Ethics ha appena realizzato il primo Food&Beverage Sustainability Italian Benchmark: ovvero un indice di riferimento utile a monitorare l’allineamento alle indicazioni internazionali volontarie in materia di sostenibilità date tanto dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu), quanto dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione europea (Orse) e da Bruxelles. «Questo lavoro – che sarà presentato a Villa Necchi a Milano il prossimo 23 maggio, nell’ambito del Global Summit “La sostenibilità fattore di crescita delle aziende nel settore agroalimentare“, organizzato dalla Fondazione Gambero Rosso – si è basato su una valutazione di aziende italiane operanti nell’industria alimentare, selezionate tenendo in considerazione le loro dimensioni», spiega il direttore dell’Ufficio ricerche di Standard Ethics Jacopo Schettini Gherardini. «Si tratta di società, grandi realtà o comunque gruppi di respiro internazionale, quotate e non, che negli scorsi mesi sono state studiate utilizzando la metodologia standard dell’agenzia: ovvero attraverso un algoritmo proprietario basato su alcune variabili». In tutto tenendo conto del fatto che ad essere messe sotto la lente sono imprese con già una leadership mondiale su molti prodotti alimentari d’eccellenza, anche se non ancora quella su rendicontazione e politiche di sostembilità e trasparenza: per esempio sulla parità di genere o sulla composizione quali-quantitativa dei propri consiglieri e su fornitori e consumatori.
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Fonte: Corriere della Sera