Un nuovo studio Censis- Alleanza Cooperative Agroalimentari analizza la “febbre dei costi”: per le cantine italiane una netta riduzione dei margini. E parte degli aumenti si riverserà sui clienti
L’allarme rincari per il boom dei prezzi dell’energia e delle materie prime raggiunge anche la filiera vinicola italiana.
Il rischio è di un impatto pesante che intaccherà la redditività delle imprese e la loro capacità competitiva sui mercati internazionali. Contribuiscono in modo sostanziale all’incremento dei costi di produzione le componenti dei prodotti energetici, che hanno fatto segnare tra febbraio 2021 e febbraio 2022 un +31,4% medio annuo, con un incremento dei carburanti pari al 38,3%, quello dell’energia elettrica del 16,7% e quello dei lubrificanti addirittura del 70%.
Fra i fattori produttivi utilizzati nella coltivazione, fertilizzanti e concimi hanno visto crescere il livello del 32,3%. Pesa però anche l’aumento dei costi di materiali come vetro (+8,5%), sughero (+9,4%) e imballaggi (tra il +24 e il +30%).
Il conto degli extra costi da pagare arriva a 1,1 miliardi di euro e sta per abbattersi su tutto il mondo del vino. Il calcolo è contenuto in uno studio Censis- Alleanza Cooperative Agroalimentari «Vino, la febbre dei costi» che è stato presentato oggi in conferenza stampa a Roma.
Dal report emerge una vera tempesta dei prezzi. Il fatturato 2021 della filiera è pari a 13,6 miliardi di euro. Applicando a questo dato la quota del 78,4% dei consumi intermedi necessari alla produzione, si determina il valore dei consumi intermedi della filiera in 10,7 miliardi per il 2021.
Utilizzando la variazione dei costi di produzione del prodotto vino fra febbraio 2021 e febbraio 2022, pari al 10,5%, il valore attuale dei consumi intermedi raggiungerebbe il livello di 11,8 miliardi di euro.
Fonte: Repubblica.it