“Dal primo progetto McItaly, 14 anni fa, è iniziato un processo di ‘regionalizzazione’ dei menù di McDonald’s, che ha valicato i nostri confini”, l’intervista a Rosati, direttore generale Fondazione Qualivita
Dal 2000 Qualivita valorizza e tutela le produzioni agroalimentari di qualità, impegnandosi sulle tematiche emergenti e sostenendo uno sviluppo che non si è manifestato solo in termini economici – con l’affermazione della Dop economy – ma anche in termini culturali e sociali.
Accompagnando il cambiamento sempre in atto, la fondazione con sede a Siena che rappresenta un punto di riferimento nazionale e internazionale nel settore dell’agroalimentare di qualità, guarda sempre con particolare attenzione al mondo dei giovani e si rivolge a loro con progetti innovativi. La collaborazione con McDonald’s per il progetto My Selection rientra in questa visione, come spiega Mauro Rosati, direttore generale Fondazione Qualivita fin dalla sua costituzione.
Rosati, da 14 anni Qualivita collabora con McDonald’s nel progetto My Selection. Come è nata questa collaborazione, quale è l’obiettivo?
La collaborazione è nata per superare una criticità: avvicinare i giovani e comunicare loro il valore dei prodotti tradizionali in una fase in cui sembravano perdere interesse. Per questa ragione abbiamo deciso di iniziare un dialogo con McDonald’s che a quel tempo non aveva la grande sensibilità al tema della valorizzazione del made in Italy che ha adesso. Dal primo progetto McItaly con il Parmigiano Reggiano DOP – che a tutti sembrò un’eresia – è iniziato un processo di ‘regionalizzazione’ dei menù McDonald’s, che ha valicato i nostri confini.
Quali sono stati i momenti di maggior soddisfazione in questa lunga collaborazione?
Un grande valore l’ha avuto “Fattore Futuro”, un progetto comune presentato ad Expo 2015 e dedicato a imprenditori agricoli italiani con meno di 40 anni, impegnati in innovazione e sostenibilità. Venti giovani italiani hanno avuto la possibilità di diventare fornitori italiani di McDonald’s per tre anni e di sviluppare progetti professionali in due ambiti chiave per il futuro del nostro settore agroalimentare. In termini di obiettivi, sono felice di aver supportato il cambiamento di prospettiva tra gli operatori del settore della qualità che man mano hanno considerato McDonald’s un player importante sia per la distribuzione sia per la conoscenza dei prodotti DOP IGP.
Ora avete un nuovo progetto comune: ‘Dal campo al vassoio’, di cosa si tratta?
Nell’ambito della strategia “Qualità Italiana” alla base della nostra collaborazione, abbiamo realizzato – con il supporto delle filiere DOP IGP – un progetto che fosse in grado di comunicare in maniera chiara, a un pubblico vasto, i valori legati alla tutela ambientale e a criteri produttivi e di consumo sostenibili. Dal Campo al Vassoio si rivolge in particolare ai giovani, maggiori fruitori della catena di ristorazione informale, coinvolgendoli e sensibilizzandoli verso tematiche come la qualità e la sostenibilità attraverso un iter di formazione, esperienze in azienda e uno spazio di comunicazione dedicato ai temi del progetto.
Qualivita è attiva dal 2000, come sono cambiate le vostre priorità nel corso degli anni?
Dopo una prima fase di supporto alla diffusione e alla conoscenza dei valori legati alle Indicazioni Geografiche, il settore ha iniziato un forte e progressivo sviluppo legato alla crescita del valore attribuito dal consumatore sia all’origine sia alla qualità dei prodotti agroalimentari. Uno sviluppo che non si è manifestato solo in termini economici – con l’affermazione della Dop economy – ma anche in termini culturali e sociali. Qualivita ha accompagnato questi cambiamenti diversificando le attività e sviluppando sistemi di conoscenza sulle diverse tematiche emergenti, in questa fase si parla di sostenibilità, tracciabilità degli alimenti, nutrizione, patrimonio culturale, innovazione, certificazione, turismo enogastronomico.
A proposito di Dop economy, quale è il suo valore in Italia? Su quali territori ha maggior impatto?
Circa 16,6 miliardi alla produzione, il 19% del fatturato totale dell’agroalimentare italiano. È un comparto che esporta per 9,5 miliardi di euro, il 20% dell’export complessivo nazionale di settore. Sono numeri importanti, soprattutto per il ruolo che il sistema DOP IGP esercita nei territori, grazie al lavoro di oltre 200mila operatori e 286 Consorzi di tutela dei comparti cibo e vino. Tutte le regioni e le province in Italia hanno un impatto economico che deriva dalle filiere DOP IGP, anche se è molto forte la concentrazione del valore nelle regioni Nord. Ma segnali importanti arrivano da tutto il Paese.
Tra i vostri programmi c’è la formazione, quali sono i principali progetti?
Il mondo sta cambiando molto velocemente e le nuove frontiere della ricerca e dei consumi spingono a mutamenti profondi. Per mantenere un’agricoltura imperniata sul territorio e sulla cultura dei prodotti tipici occorrono sforzi e conoscenze sempre più aggiornate. Qualivita contribuisce con numerose iniziative di alta formazione dedicata ai professionisti, agli imprenditori e agli operatori della filiera. La nostra attività prevede sia Master e progetti in partnership con istituti prestigiosi come le università Ca’ Foscari di Venezia, il Politecnico di Milano, la Cattolica di Piacenza, sia un’iniziativa speciale, in collaborazione con Treccani Accademia, che si rivolge agli operatori del comparto DOP IGP.
Rosati, come affrontate le nuove generazioni? Come comunicate loro i valori della sostenibilità ambientale nel settore delle DOP IGP italiane?
C’è uno sforzo collettivo del sistema delle DOP IGP, realizzato soprattutto aprendo le imprese ai consumatori, che possono così vedere e toccare con mano cosa viene fatto in campagna e nelle aziende in termini di produzione. In molti casi si tratta di iniziative di comunicazione di alto profilo, ma per la maggior parte sono attività esperienziali come, ad esempio, “Caseifici Aperti”, “Acetaie Aperte”, “Frantoi Aperti” e i tanti appuntamenti enogastronomici organizzati dai Consorzi di tutela italiani.
Secondo le vostre esperienze, che conoscenze hanno i giovani delle filiere dei prodotti DOP IGP? È un tema che ritengono vada approfondito a livello di conoscenza ed esperienza?
Le sigle sono importanti, ma quello che conta è la conoscenza di un certo modo di produrre un alimento. I concetti che abbiamo sempre cercato di enfatizzare sono legati a fattori sostanziali quali il territorio, l’origine, le regole e i controlli. I giovani sono sempre più attratti dalla possibilità di capire e di vivere l’esperienza di una filiera di produzione che, nel caso dei prodotti DOP IGP, racconta spesso storie eccezionali.
Fonte: Il Gusto – la Repubblica