Il Consorzio del Prosciutto di San Daniele si è costituito parte civile e vuole 300 mila euro per le spese pubblicitarie sostenute dal 2018 in seguito all’inchiesta
Dopo due anni di stop causati dalla pandemia e il rinvio a giudizio dello scorso giugno, è approdato in dibattimento il processo nato dall`inchiesta sui falsi prosciutti DOP. Sul banco degli imputati 16 persone fisiche (in prevalenza allevatori e imprenditori) e nove persone giuridiche (aziende agricole e i due istituti per il controllo e la certificazione dei prodotti, Ineq e Ipq, cancellati dal registro delle imprese). Il Consorzio del prosciutto di San Daniele, costituitosi parte civile con l’avvocato Luca Zanfagnini, già in udienza preliminare, ha chiesto 300 mila euro per danno d’immagine.
La cifra è stata quantificata considerando l’impegno finanziario sostenuto dal Consorzio in termini pubblicitari per cercare di tamponare il danno reputazionale subito fra il 2018 e il 2019, quando le inchieste della procura di Pordenone e di Torino ebbero un grande risalto mediatico. Non viene chiesto conto di mancati guadagni invece perché non c’è stato un grosso contraccolpo sulle vendite. È stata esclusa dalla procura, sulla scorta del verdetto della Cassazione in sede cautelare, l’ipotesi di associazione per delinquere, contestata in origine a otto indagati su 24.
La procura ipotizza invece frode aggravata in commercio, contraffazione del marchio DOP, truffa per ottenere contributi regionali. La tesi accusatoria si fonda sull’assunto che siano stati macellati maiali di genetica non ammessa dai disciplinari DOP o di peso superiore al consentito. Ipotesi respinte dalle difese, che contano di dimostrare in istruttoria Festraneità dei loro assistiti. Il numero degli imputati è stato sfrondato in udienza preliminare: quattro hanno optato per l’abbreviato, uno per la messa alla prova, uno per il patteggiamento. Un indagato è deceduto e il reato si è estinto.
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Fonte: Il Messaggero Veneto