Per far fronte alle richieste del mercato, il Consorzio tutela del Gavi farà ricorso anche alla cosiddetta riserva vendemmiale, la quantità di vino che eccede il limite massimo di produzione di uve per ettaro
Per il Gavi DOP la resa è fissata in 95 quintali e la riserva è al 20% circa. Un sistema, tecnicamente chiamato “blocage-deblocage”, che consente di intervenire in caso di necessità per mantenere fette di mercato e un equilibrio nei prezzi.
Il 2021 è stato un anno boom: le richieste di contrassegni ministeriali presentate dalle singole aziende vitivinicole al Consorzio sono arrivate a quasi 15 milioni, precisamente a 14,7 milioni, un record che dimostra lo stato di salute e di crescita del bianco prodotto negli undici Comuni del comprensorio.
Il Consorzio ha così dovuto ricorrere alla riserva per cercare di accontentare tutte le richieste, provenienti soprattutto dall’estero, dove viene venduta la maggior parte del Gavi DOP.
Quest’anno è in programma una promozione del Gavi DOP in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, grazie anche ai fondi ministeriali. Nel 2020 le premesse erano di tutt’altro genere, a causa della pandemia e del conseguente lockdown, come racconta Maurizio Montobbio, presidente del Consorzio: “La resa del Gavi DOP, viste le premesse del mercato, con ristoranti e locali chiusi a causa del Covid, era stata abbassata dal 95 a 82 ettari al quintale, con solo un 13% di riserva vendemmiale. L’anno scorso, con le riaperture a partire dall’estate, c’era stata una ripresa e, in vista delle vendemmia 2021, avevamo ottenuto un primo parziale sblocco delle riserva ad agosto”.
Un’intuizione che si è rivelata positiva, visto come è andato il mercato nei mesi successivi, con le giacenze che si sono rivelate a rischio per la richieste di bottiglie, in particolare dalla grande distribuzione e non solo dai ristoranti.
Fonte: Il Secolo XIX