L’olio extravergine di oliva Riviera Ligure DOP è ottenuto dai frutti dell’olivo di varietà Taggiasca, Pignola, Lavagnina, Razzola e da cultivar locali autoctone. La denominazione deve essere accompagnata da una delle seguenti menzioni geografiche aggiuntive: Riviera dei Fiori, Riviera di Ponente Savonese o Riviera di Levante. La zona di produzione interessa l’intero territorio della Liguria. Le caratteristiche dell’olio variano leggermente a seconda della menzione. Consortium ha intervistato Carlo Siffredi, presidente del Consorzio di tutela.
Presidente Siffredi, qual è il numero di produttori iscritti alla vostra DOP aggiornato all’ultimo anno? Ad oggi contiamo 825 olivicoltori, 52 frantoiani, 69 confezionatori e 2 intermediari.
Ritenete che il valore di mercato della vostra denominazione sia soddisfacente? Di fatto il Riviera Ligure DOP è uno tra gli oli a denominazione con il prezzo più elevato sul mercato, ma va detto che quanto pagato al produttore non rispecchia ancora fedelmente il valore dell’olio in rapporto alla remunerazione corretta, tanto dell’olivicoltore quanto del frantoiano, in un territorio difficile come quello ligure. Per questo il Consorzio adotta ormai da quattordici anni un Patto di filiera tra gli operatori della filiera produttiva del prodotto tutelato. Vogliamo in questo modo sostenere il miglioramento qualitativo delle produzioni in rapporto ad una maggiore soddisfazione dell’intera filiera.
Qual è il mercato di riferimento della vostra denominazione? Quali sono i mercati stranieri più interessanti per voi? Il mercato di riferimento è quello italiano, con particolare attenzione alle regioni settentrionali. La denominazione riscontra successo anche all’estero, soprattutto in Germania e in Francia, dove ci sono consumatori che conoscono il nostro territorio e ne apprezzano le eccellenze agroalimentari.
Quali sono i punti di forza e i punti di debolezza della vostra denominazione? I punti di forza sono il riconoscimento della qualità apprezzata dai consumatori nel mercato degli oli, anche grazie alla storia delle nostre produzioni consolidatesi nel tempo e alle aziende pioniere di questo prodotto in Italia ed all’estero. In più, l’olio è riconosciuto come elemento simbolico della regione, poiché la sua produzione ha ricadute positive su ambiente, paesaggio, economia, socialità, tradizioni ed è anche un elemento di identità. Ulteriore punto di forza, direttamente relazionabile al suo rapporto con il territorio, è quello di poter svolgere un ruolo importante di aggregazione a livello turistico (enogastronomico, ambientale, culturale). I punti di debolezza sono quelli tipici che esistono a livello nazionale per gli oli DOP IGP. Infatti, ci sono richiami al territorio da parte di soggetti commerciali e operatori per oli non certificati e che, quindi, oltre ad essere in contrasto con la normativa europea sull’origine, creano confusione agli occhi dei consumatori già disorientati da una infelice scelta dei nomi dei prodotti a livello di classificazione normativa (olio extravergine di oliva, olio di oliva vergine, olio di oliva, ecc.). A livello regionale, poi, c’è una criticità specifica in relazione alla frammentazione produttiva e alla gestione degli oliveti. In spazi dove anche la meccanizzazione è limitata, occorre agire sulla capacità innovativa per quanto concerne la produzione e tenere conto del ricambio generazionale che di fatto esiste, ma è lento.
Fonte: Consortium 2021_03