Vino, riparte la locomotiva Italia: gli scambi a livello mondiale tra domanda e offerta nei primi 7 mesi di quest’anno salgono del +10,3% sull’anno orribile del 2020 e si riportano in linea con i valori 2019
Ma le etichette del nostro Paese fanno ancora meglio: al confronto con il periodo pre-pandemico l’Italia ha registrato un incremento delle importazioni da Paesi esteri dell’8,5%, più del doppio della Francia, a+3,7%.
A trainare il mercato una maggior tenuta dell’export anche durante il lockdown e il boom di quest’anno. È l’istantanea elaborata dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor alla vigilia della Vinitaly Special Edition frutto dell’analisi dei dati doganali nei primi 7 mesi di quest’anno presso i 13 principali mercati della domanda di vino, che rappresentano i tre quarti delle vendite enologiche del Bel Paese nel mondo.
“La congiuntura relativa agli scambi mondiali è tornata positiva, e le nostre ricognizioni ci segnalano un vino tricolore in forte ascesa nelle principali piazze mondiali”: Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere ha lo sguardo puntato dritto sul futuro.
Non serve più guardarsi indietro, allo scenario di perdite globali generate dalla pandemia. Il mondo si sta riaprendo, con grande gioia e grande voglia di condivdere momenti di socialità, di stare con amici e parenti. E il vino, che siano bollicine o vini di meditazione, gioca un ruolo chiave, forse anche più del cibo, in questa ritrovata euforia di vivere e del mercato.
Un mercato profondamente cambiato. Il lockdown prima, le riaperture poi ma con pratiche di sicurezza, hanno rivoluzionato gli stili di vita. E anche il modo di consumare, in primo luogo il vino. Ristoranti e hotel chiusi, come le enoteche, tutto insieme un sistema che rientra sotto l’ombrello Ho.RE.Ca, hanno inferto grandi perdite al settore. Perdite in parte compensate dalla Gdo che ha giocato un ruolo chiave durante la pandemia.
I consumi in casa sono lievitati. Addirittura negli Usa il lockdow ha ribaltato lo scenario dei consumi. Negli Usa, mercato fino a oggi principale per le vendite di vino italiano, il consumo di vini e alcolici avveniva principalmente fuori casa. A differenza che in Italia, dove comunque la bottiglia di prosecco, il bianco fresco e un rosso di qualità sono sempre in tavola.
Ecco, proprio il lockdown ha cambiato gli americani. Chiusi in casa si sono italianizzati. Hanno comprato in Gdo. O ancora di più online, per consumare dentro le mura domestiche quando fuori non si poteva stare. Un’abitudine che probabilmente non verrà persa, nonostante la voglia di ritrovarsi in comunità. Il risultato?
Le importazioni di vini italiani sono cresciute in Usa del 9,5%. “Nei dodici principali mercati di sbocco per i nostri vini snocciola i dati Mantovani – il saldo positivo nei primi 7 mesi di quest’anno sullo stesso periodo 2019 sfiora il 9%, un incremento sul biennio più che doppio rispetto al competitor francese determinato anche da un fondamentale incremento del prezzo medio del prodotto made in Italy”.
La crescita sul 2019, anno che ancora non soffriva del Covid, segna un grande successo. Se l’Italia vince sul bienno, la Francia vince il confronto del 2021 sul 2020: +30,6% Francia verso +11,1% italia. Si tratta di un “rimbalzo tecnico“, come dicono gli esperti, più forte rispetto al 2020 perché nell’anno scorso i vini francesi sono quelli che hanno sofferto di più per i dazi di Trump, la chiusura Ho.Re.Ca che ha penalizzato in particola modo Champagne e Fine Wine francesi.
Inoltre, la messa alla porta dei vini australiani in Cina sta premiando i cugini francesi, che possono vantare una grande presenza “storica” sul mercato asiatico. Con un incremento del 30,6% sul pari periodo dello scorso anno, è la Francia la regina del mercato nell’arco di un anno, una super performance, generata dalle pesantissime perdite accusate nel 2020.
Negli Usa, primo mercato mondiale per la domanda di vino, ripartono fortissimi gli ordini (+16%), complice soprattutto il ripristino delle scorte dei vini francesi (+45%). Tornando all’Italia, tutte le principali piazze estere vedono in ottima posizione il vino tricolore.
Stati Uniti e Germania più vitali che mai. In Germania le importazioni di vini italiani sono salite del 9,9%. Ma cresce anche il ventaglio dei mercati di riferimento, con gli altri Paesi che fanno registrare balzi rispettivamente del 9,5% (a 1,1 miliardi di euro) e del 9,9%. Svizzera, Canada e soprattutto Russia e Cina segnano incrementi in doppia cifra e fanno passare in secondo piano l’andamento lento degli ordini da Regno Unito (comunque stabile), e Giappone (-1,8%), su cui pesano i lunghi lockdown durati fino a 3 mesi fa e lo stop agli alcolici “da asporto” dopo le ore 20.
Il mercato, secondo le rilevazioni Uiv, Unione italiana vini, sta andando sempre più verso la cosiddetta”premiumizzazione” ovvero lo spostamento verso il segmento più alto di mercato, verso etichette e prezzi che consentono di accrescere i margini di guadagno e quindi la redditività, ovvero bottiglie a più lungo invecchiamento, oppure in confezioni sempre più eleganti e lussuose per spingere i prezzi verso l’alto.
I vini italiani in questa fase di transizione verso il premium hanno dalla loro il rapporto qualità-prezzo. Una prerogativa che sta premiando anche sul mercato secondario. Al Liv-ex, the London International Vintners Exchange, i Fine Wine italiani stanno registrando da diversi anni un record. Le etichette blasonate di Toscana e Piemonte, che finora avevano fatto da traino, hanno aperto le porte anche ad altre regionie e nuovi produttori. Aumenta la diversificazione e dagli Usa, come dalla Gran Bretagna e dall’Asia, i buyer e i consumatori hanno orientato le loro scelte sui vini d’eccellenza del nostro Paese.
La quota di mercato degli scambi è salita al 16% sullo scorso anno, un livello record. Dato che porta l’Italia al terzo posto per le categorie più trattate, dopo i Bordeaux e i Borgogna. Nel Liv-ex 1000, principale benchmark di questo settore, i vini italiani sono terzi anche per performance, in crescita del 12,2% sull’anno precedente.
Fonte: Affari&Finanza