Quale futuro per il settore? Territori, valorizzazione delle varietà italiane e dei luoghi di produzione. Ma anche educazione del consumatore per una maggiore cultura dell’olio evo
Il bacino del Mediterraneo detiene circa il 95% della produzione mondiale di olio extravergine di oliva. L’Italia è il maggior Paese per consumi al mondo e il secondo per produzione, con un patrimonio di oltre 500 cultivar, 42 oli DOP, 7 IGP e numerosi presidi Slow Food. La produzione nazionale di olio di oliva dell’ultima campagna 2019/2020 è stata pari a 365mila tonnellate: un buon risultato se paragonato alla scarsità dell’annata precedente (175mila tonnellate), ma ancora nettamente inferiore alle oltre 400mila tonnellate degli anni 2015/2016 e 2017/2018. Nonostante l’Italia olivicolo-olearia vanti ottime capacità produttive e commerciali, il problema che più frequentemente si presenta sul mercato italiano ed estero è quello dei prezzi. In Italia la GDO è il canale di vendita che veicola circa l’80% del prodotto, affiancato dalla crescita diretta nelle aziende olivicole. L’Italia è stata leader assoluta della filiera olivicolo-olearia per tanto tempo, eppure da alcuni anni non lo è più: da questo dato è necessario partire per riflettere sul futuro.
Per cercare di capire la situazione attuale, Consortium ha dedicato un focus speciale agli oli DOP IGP che contiene interviste di Fabrizio Filippi, presidente di FederDop, e di numerosi dirigenti di Consorzi di tutela di oli extravergine di oliva DOP e IGP. La maggior parte dei consumatori percepisce l’olio EVO come un prodotto sostanzialmente uguale, indifferenziato. Il consumatore medio, quindi, tende ad acquistare questo pregiato prodotto basandosi spesso sul prezzo più basso; prezzo che, a sua volta, viene fissato dalle lobby che detengono quantità e leve di mercato e che non hanno niente a che vedere con chi produce davvero l’olio EVO DOP negli oliveti e nei frantoi. Ecco perché serve una trasformazione culturale che, raccontando il paesaggio, la storia del territorio e il lavoro che c’è dietro a ogni singolo litro di questo prezioso prodotto, permetta la valorizzazione della variegata offerta del comparto olivicolo-oleario italiano DOP e garantisca la giusta remunerazione dei produttori.
Consortium ha intervistato alcuni dei 42 Consorzi di olio DOP italiano, individuati cercando di includere le principali macro-aree geografiche di produzione, a cui sono state poste le stesse domande per fornire un quadro di riferimento variegato sulle soluzioni e le sfide attuali del comparto. In merito alle IGP, oggi si contano 7 oli extravergine certificati come Indicazioni Geografiche Protette in Italia. Si tratta di un fenomeno in crescita, come dimostrano le recenti denominazioni dell’Olio di Roma IGP – arrivata in piena estate, il 2 agosto 2021 – dell’Olio Lucano IGP del 5 ottobre 2020 e dell’Olio di Puglia IGP del 23 dicembre 2019. Un interesse concentratosi soprattutto negli ultimi anni, considerando che l’olio EVO Toscano IGP è stata la sola Indicazione Geografica olearia italiana per quasi 20 anni, dal 1998 al 2016, anno in cui è arrivata la registrazione dell’Olio Sicilia IGP.
“Vent’anni fa non fu facile dar vita a un Consorzio di tutela dell’olio extravergine d’oliva Toscano IGP per un prodotto riconosciuto dal mercato al top della piramide qualitativa, ma senza che potesse fregiarsi della DOP, bocciata da Bruxelles a causa dell’eccessiva diversità degli oli toscani tra loro. Sembrava uno scoglio difficile da affrontare – raccontano dal Consorzio Toscano IGP –. La decisione di ripiegare sull’IGP Toscano fece storcere il naso a molti. E invece ‘l’IGP con la forza della DOP’, come fu chiamata all’epoca visto che il disciplinare prevede che tutte le fasi di coltivazione e lavorazione siano svolte in Toscana, si è fatta largo e ha conquistato produttori e mercato, aprendo la strada ad altre esperienze regionali simili (in Sicilia, in Calabria, nelle Marche, ecc.). Se all’inizio il Consorzio Toscano IGP era considerato il parente povero delle DOP, oggi si attesta come una delle certificazioni più ricercate anche all’estero”.
FederDop Olio, Filippi: “Ripartiamo da zero per creare una nuova realtà delle DOP IGP”
FederDop Olio, la Federazione Nazionale dei Consorzi volontari per la tutela delle Denominazioni di Origine Protetta degli oli extravergine di oliva italiani, nasce nel 2003 per supportare i Consorzi delle diverse DOP nel loro percorso di crescita e di affermazione sul mercato, con azioni di informazione, valorizzazione, promozione, tutela e, soprattutto, per difendere la vera produzione DOP italiana. Dal 2003 molte cose sono cambiate sia nel settore sia all’interno dell’associazione stessa che, con la presidenza di Fabrizio Filippi e il riconoscimento di sette IGP olearie regionali, punta a un profondo rinnovamento della Federazione per far fronte alle mutate condizioni del settore olivicolo italiano, ai numerosissimi adempimenti richiesti e alla necessità di avere un interlocutore unico che si interfacci con il Mipaaf. Grande esperto del comparto, Filippi è da anni alla guida degli olivicoltori toscani in qualità di presidente del Consorzio Olio Toscano IGP che, con oltre 11mila soci e 7 milioni di piante certificate IGP, a livello numerico è il più importante Consorzio italiano di olio certificato.
Presidente Filippi quanti Consorzi aderiscono a FederDop e qual è il ruolo di questa associazione? Attualmente aderiscono 12 Consorzi di diverse regioni italiane. La Federazione, fin dal 2003, ha lavorato per rappresentare gli interessi delle produzioni italiane di oli DOP e IGP e promuovere lo sviluppo del settore attraverso la cooperazione e il coordinamento di tutti i portatori d’interesse, facendosi portavoce in sede istituzionale delle esigenze collettive del comparto. Non siamo in molti, ma adesso ci sono i prsupposti per rimettere insieme tutti alla luce delle mutate condizioni del comparto. Nel 2003 c’erano tante piccole DOP e solo l’IGP Toscano; oggi le IGP regionali riconosciute e operative sono sette. Lo scenario è dunque mutato e bisogna tener conto di questo per riscrivere la rappresentanza. Ciò non significa che le piccole DOP abbiano perso di valore, anzi, sono diventate determinanti sul territorio e giocano un ruolo fondamentale a livello locale e, alcune, anche ben oltre al territorio, ma non sono la maggior parte. Ho accettato questa sfida della presidenza perché credo che questo sia il momento per cambiare; siamo entrati anche in Origin Italia per dare voce a un settore che rischia di essere molto frammentato e di non riuscire a incidere nelle politiche che lo riguardano. È tutto da costruire per FederDop Olio e il primo passo è riuscire a coinvolgere il maggior numero possibile di Consorzi per fare squadra, anche attraverso una comunicazione nuova. Posso dire che la mia presidenza di FederDop Olio parte da zero: nonostante ci sia tanta storia alle spalle e rispetto ai cambiamenti avvenuti, partiamo con un’altra marcia.
Quanto è importante e strategico fare squadra per il rilancio economico del comparto agroalimentare e per il rafforzamento del settore dell’olio DOP IGP? Il settore degli oli DOP e IGP svolge un ruolo cruciale e trainante nel contesto olivicolo-oleario italiano; ciononostante, non viene ancora sufficientemente valorizzato o riconosciuto e ha, dunque, estremo bisogno di unità per far sentire la propria voce in maniera autorevole e compatta, sostenendo con forza le tante esigenze comuni. Alla luce di un mondo frammentato e disomogeneo come quello dell’olio, fare squadra è quindi determinante. La pandemia, per esempio, non ha inciso sugli scambi dei grandi numeri, ma ha colpito le aziende piccole, che hanno pagato il lockdown a caro prezzo. I dati più recenti ci dicono che il mercato va bene, che le richieste sono in aumento, ma che ancora non cresce la produzione. Gli investimenti ci sono stati, anche se i risultati si vedranno nei prossimi anni perché ci sono tanti impianti nuovi che presto entreranno in produzione.
Cosa rappresentano le DOP IGP dell’olio per il made in Italy? Possono essere considerate l’elemento trainante degli oli extravergine di oliva italiani? L’Italia possiede il più vasto patrimonio varietale olivicolo del mondo: oltre 500 cultivar autoctone. Questa incomparabile biodiversità, l’eterogeneità delle aree olivicole vocate e le peculiari competenze che contraddistinguono i nostri territori sono rappresentate e valorizzate dagli oli con certificazione di origine DOP o IGP. Il nostro Paese vanta oggi ben 49 oli a denominazione: si tratta di un primato assoluto, non solo in termini numerici, ma anche in termini di distintività e riconoscibilità, che costituiscono elementi preziosi per il posizionamento di tutto il settore olivicolo italiano all’estero. Il comparto degli oli a Denominazione di Origine dà espressione all’immenso patrimonio varietale e territoriale della Penisola e, con la sua altissima propensione all’export (la quota destinata ai mercati esterni per talune denominazioni va dal 50% al 70%), rappresenta spesso nel mondo il meglio della produzione olivicola italiana in termini di qualità e riconoscibilità.
Cosa c’è nel futuro dell’olivicoltura italiana e, soprattutto, come dovranno rafforzarsi le DOP IGP dell’olio per avere un ruolo sempre più definito? Il futuro ci pone di fronte sfide e opportunità. Solo per citarne alcune: il cambiamento climatico, l’incremento sostenibile delle produzioni, la valorizzazione del patrimonio olivicolo autoctono del nostro Paese, la diffusione della cultura dell’olio, la regolamentazione dei mercati, l’oleoturismo, la revisione dei Disciplinari di produzione, la protezione delle denominazioni sui mercati. I Consorzi DOP e IGP dovranno condividere esperienze e competenze, trovare denominatori comuni, fare rete ed unirsi, sia per far emergere e sostenere in modo efficace le esigenze del comparto in sede istituzionale sia per lavorare in sinergia alla difesa dei propri interessi comuni.
La pandemia ha colpito di fatto tutti i settori: quanto ne ha risentito il comparto degli oli certificati? Come ho già detto, ne hanno risentito soprattutto le piccole aziende che lavorano con Horeca e turismo. Dobbiamo valorizzare la grande biodiversità, il grande patrimonio varietale che abbiamo in Italia, ampliando così la gamma di sensazioni, profumi e sapori. I prodotti omogenei, anche se buoni, valgono sicuramente meno. È il grande patrimonio varietale italiano che dobbiamo valorizzare e difendere.
Con produzioni inferiori ad altri Paesi, come può l’Italia mantenere la sua leadership? L’Italia ha sicuramente la leadership qualitativa. Questo non è scontato: dobbiamo sempre adeguarci e investire perché anche altri Paesi stanno crescendo qualitativamente. Certo, non possiamo misurarci sulle grandi quantità a basso costo, perché saremmo perdenti. Dobbiamo, invece, esaltare la biodiversità italiana fatta di tantissimi territori e di produzioni di eccellenza.
C’è il rischio di introduzione di varietà di olive non autoctone per aumentare la produzione? È un fenomeno presente, ma non credo che sia il futuro dell’olivicoltura italiana. Queste olive non danno un prodotto di elevata qualità, possono dare risposte solo in termini quantitativi. Va considerato che non produciamo neanche la metà dell’olio che consumiamo, quindi è comprensibile che qualcuno faccia investimenti in quella direzione. Sono però convito che saremo vincenti se punteremo molto sulla straordinaria biodiversità italiana.
Filiera olio DOP IGP
Brisighella DOP – L’olio extravergine di oliva Brisighella DOP vanta origini antichissime, confermate anche dal recente ritrovamento di un piccolo frantoio a uso familiare risalente all’epoca romana. Di colore verde smeraldo dai riflessi dorati, l’odore fruttato con sensazione netta di erbe e ortaggi, e il sapore fruttato con un leggero sentore di amaro e di piccante, questo olio emiliano viene prodotto in alcuni comuni nelle province di Ravenna e Forlì-Cesena. Alla guida del Consorzio di tutela Brisighella DOP c’è il presidente Igor Bernabé.
Presidente, qual è il numero di produttori iscritti alla vostra DOP aggiornato all’ultimo anno? Attualmente contiamo 105 olivicoltori, 2 frantoi/confezionatori e 1 intermediario. Ritenete che il valore di mercato della vostra denominazione sia soddisfacente? Mi sento di affermare che il valore di mercato del nostro olio DOP è abbastanza soddisfacente, anche se le rese per ettaro nella nostra zona sono molto basse, per cui produrre olio DOP è comunque dispendioso.
Qual è il mercato di riferimento della vostra denominazione? Quali sono i mercati stranieri più interessanti per voi? Ad oggi il mercato di riferimento è quello nazionale anche se, nel prossimo futuro, intendiamo programmare delle iniziative per poter esportare il nostro olio anche in alcuni mercati stranieri di interesse come, ad esempio, Germania, Emirati Arabi e Giappone.
Quali sono i punti di forza e i punti di debolezza della vostra denominazione? Il principale punto di forza è sicuramente l’esperienza nel settore: il Brisighella DOP è una delle prime 5 DOP olivicole italiane e vanta una storia che parte dalla selezione di oliveti sin dal 1975. A questo va aggiunta l’ottima qualità del prodotto che riusciamo ad estrarre dalle nostre olive grazie al clima e alla vocazione a tale coltura da parte dei nostri terreni. Il punto di debolezza è dato dalla dimensione della nostra DOP perché siamo piccoli e produciamo poca quantità. Fino ad ora il prodotto, nella sua quasi totalità, è stato commercializzato nel solo mercato italiano, senza avere giacenze da un anno all’altro. Negli ultimi anni è aumentata la messa a dimora di nuovi oliveti per la successiva iscrizione all’albo Brisighella DOP che entreranno presto in produzione quindi… incrociamo le dita: c’è un futuro tutto da scrivere.
Cartoceto DOP – L’olio extravergine di oliva Cartoceto DOP è ottenuto dai frutti dell’olivo delle varietà Leccino, Frantoio e Raggiala. La zona di produzione e trasformazione comprende, in tutto o in parte, il territorio di alcuni comuni della provincia di Pesaro e Urbino, nella regione Marche. L’olio extravergine di oliva Cartoceto DOP è verde e può avere un riflesso giallo oro per gli oli molto freschi, che diventa giallo oro con lievi note verdognole per quelli più maturi. Il sapore è armonico, con sensazione variegata di fruttato verde, dolce, amaro e piccante ed eventuale retrogusto di mandorla verde e carciofo. Alla guida del Consorzio di tutela il presidente Tommaso Maggioli al quale Consortium ha rivolto alcune domande.
Presidente, qual è il numero di produttori iscritti alla vostra DOP aggiornato all’ultimo anno? Sono iscritte 22 aziende.
Ritenete che il valore di mercato della vostra denominazione sia soddisfacente? Il valore di mercato attualmente è sodisfacente, l’attuale prezzo consente anche di poter fare degli investimenti in prospettiva. Che con l’olio non ci si arricchisca resta un dato di fatto, ma il mercato adesso ha cominciato a capire la differenza fra olio di qualità e olio generico. La mia sensazione è che questo processo sia cominciato da pochi anni. Adesso, ad esempio, si inizia a capire anche come utilizzare l’olio di qualità in cucina: gli stessi clienti ci riferiscono che, avendo mangiato prevalentemente a casa in questi due anni, hanno iniziato a scegliere oli buoni per condire. La strada è quella giusta, ma bisogna ancora insistere sulla comunicazione per far capire il valore aggiunto di una DOP IGP, anche in termini di controllo e tracciabilità. Infatti, la certificazione prima era apprezzata più all’estero che in Italia; adesso questa tendenza sta cambiando: DOP e IGP non sono più considerati marchi fine a se stessi, ma cominciano ad essere percepiti come una garanzia.
Qual è il mercato di riferimento della vostra denominazione? Quali sono i mercati stranieri più interessanti per voi? Abbiamo vendita locale, ovviamente. Siamo posizionati bene al nord Italia, soprattutto nel nord est, ma abbiamo ottimi canali di vendita anche sul mercato di Roma e del Lazio in generale. Per quanto riguarda l’estero, siamo presenti in nord Europa: Paesi Bassi, Germania, Danimarca. Questi citati sono i mercati di riferimento più importanti del Cartoceto DOP, ma anche la Svizzera è molto interessante. Nonostante i due anni di pandemia, abbiamo lavorato sempre, anche con l’estero. È invece mancata del tutto la vendita legata all’incoming dei turisti stranieri e ai gruppi in vacanza in Italia che venivano nelle nostre aziende agricole. Ma, in concomitanza al crollo del turismo, si è sviluppata la vendita online e in molti si stanno trovando bene con questo canale.
Quali sono i punti di forza e i punti di debolezza della vostra denominazione? Essendo una DOP molto piccola, che si sviluppa solo su 4 comuni, c’è un bel rapporto di aiuto reciproco fra i produttori, c’è molta collaborazione. La nostra debolezza è sempre legata alle nostre dimensioni perché, trattandosi di una DOP piccola, si fa difficoltà ad affrontare i mercati che richiedono numeri importanti, come Cina e Russia.
Chianti Classico DOP – L’olio extravergine di oliva Chianti Classico DOP è ottenuto dai frutti dell’olivo delle varietà Leccino, Frantoio, Correggiolo e Moraiolo. La zona di produzione si estende a numerosi comuni della provincia di Siena e Firenze, in Toscana. Si presenta con un colore verde intenso o con sfumature dorate. L’odore è fruttato, di media intensità e conserva un aroma deciso di oliva. Dal sapore piccante, ha un retrogusto amaro di carciofo e cardo. Alla guida del Consorzio di tutela c’è il presidente Gianni Pruneti, al quale Consortium ha rivolto alcune domande.
Presidente, qual è il numero di produttori iscritti alla vostra DOP aggiornato all’ultimo anno? I nostri soci sono 208 e siamo molto soddisfatti nel dire che il trend positivo di crescita della base sociale continua in modo costante: il raccolto 2021 vedrà un numero sempre maggiore di produttori.
Ritenete che il valore di mercato della vostra denominazione sia soddisfacente? Il Chianti Classico DOP è un prodotto di altissima qualità, riconosciuto dai cultori dell’olio. Ha enormi potenzialità di crescita, come dimostrato dal continuo aumento sia del valore che delle aziende produttrici, e stiamo lavorando perché sia sempre più presente nell’Horeca e nella vendita diretta: sono i nostri canali di riferimento, dove viene riconosciuto a pieno titolo il valore aggiunto della DOP.
Qual è il mercato di riferimento della vostra denominazione? Quali sono i mercati stranieri più interessanti per voi? Per il Chianti Classico DOP l’export è fondamentale: le nostre relazioni con il mercato nordamericano sono storiche e molto solide, ma non si devono dimenticare anche l’Inghilterra, la Germania e il Giappone. In questi Paesi la cultura gastronomica di alto livello è ormai consolidata e il made in Italy, inclusi i prodotti agroalimentari del nostro territorio, esercita un fascino indiscutibile.
Quali sono i punti di forza e i punti di debolezza della vostra denominazione? La parola chiave è una: qualità. Dietro ad un elevato livello qualitativo c’è un complesso sistema di fattori che lo determinano come, ad esempio, l’attenzione al territorio, che è un patrimonio da tutelare nell’ottica della sostenibilità in cui si impegnano sempre di più le nostre aziende. Non bisogna però dimenticare che produrre olio DOP richiede una grandissima competenza agronomica e tecnica, in cui la lunga tradizione della nostra terra è da anni affiancata e affinata da una continua innovazione e condivisione delle conoscenze acquisite. La crescita di un territorio è necessariamente un movimento collettivo e la nostra è una terra molto vocata, che il fattore umano deve saper valorizzare per raggiungere i massimi livelli di espressione. In breve, anche con i “fondamentali” giusti sono essenziali gli investimenti, non solo economici, ma anche culturali: è questa la strada intrapresa dal Consorzio anni fa ed è anche la strada tracciata per il futuro. Come punto di debolezza, oggi scontiamo un retaggio del passato, cioè la mancanza di una cultura diffusa dell’olio d’eccellenza, ma fortunatamente in questi anni stiamo già vedendo un’inversione di rotta. La sfida che abbiamo davanti è impegnarci su tutti i mercati per comunicare sempre meglio l’unicità del nostro olio e la sua riconoscibilità, forti anche del simbolo del Gallo Nero che identifica questa terra già dal Medioevo.
Garda DOP – L’olio extravergine di oliva Garda DOP è ottenuto dai frutti dell’ulivo di varietà Casaliva, Frantoio, Leccino e Pendolino. La denominazione può essere accompagnata dalle menzioni Bresciano, Orientale e Trentino. La zona di produzione per la menzione Bresciano ricade in 27 comuni della provincia di Brescia in Lombardia, mentre per la menzione Orientale in 6 comuni della provincia di Mantova (Lombardia) e 19 nella provincia di Verona (Veneto) e, infine, per la menzione Trentino in 11 comuni della provincia di Trento. Le caratteristiche dell’olio variano leggermente a seconda della menzione. Il Consorzio di tutela, che comprende tutte e tre le sponde del lago di Garda (veronese, bresciana e trentina), è stato riconosciuto dal Ministero delle politiche agricole nel marzo 2004. Alla guida del Consorzio di tutela c’è la presidente Laura Turri che ha raccontato a Consortium l’olio Garda DOP, l’importanza della DOP e di un territorio ad alta vocazione olivicola.
Presidente Turri, qual è il numero di produttori iscritti alla vostra DOP aggiornato all’ultimo anno? I produttori iscritti al Consorzio sono 470.
Ritenete che il valore di mercato della vostra denominazione sia soddisfacente? Siamo sicuramente fortunati rispetto ad altre realtà DOP. Il nostro obiettivo è comunque riuscire a crescere ancora, sia come valore di mercato sia in termini di promozione, tutela e valorizzazione del prodotto presso il consumatore finale.
Qual è il mercato di riferimento della vostra denominazione? Quali sono i mercati stranieri più interessanti per voi? Il nostro mercato di riferimento principale è l’Europa. Altri mercati stranieri molto interessanti sono Stati Uniti e Giappone.
Quali sono i punti di forza e i punti di debolezza della vostra denominazione? Uno dei punti di forza è la caratteristica principale del prodotto che tanto piace ai consumatori, cioè la sua straordinaria leggerezza che consente di utilizzarlo in molte preparazioni. Altro punto di forza consiste nella fortuna di trovarci in un meraviglioso territorio molto conosciuto, una rinomata meta turistica per tanti ospiti anche stranieri. Paradossalmente, questo diventa anche il punto di maggior debolezza per la denominazione: ogni anno, infatti, milioni di turisti visitano il lago e acquistano direttamente nelle aziende l’olio Garda DOP; si può dire che, di fatto, “abbiamo i clienti in casa”. Ma, e questo è l’altro aspetto, in tanti sfruttano la reputazione dell’olio Garda DOP. Ci troviamo in un contesto in cui il mondo dell’accoglienza turistica e della ristorazione non ci aiuta molto, basti pensare che ancora oggi su molte tavole dei ristoranti del lago non si trova l’olio Garda DOP. Ciò dimostra che il prodotto della nostra terra non è percepito come valore aggiunto da chi dovrebbe valorizzarlo, perché si ferma ad una mera questione di costi. E questo è solo un aspetto del problema, che sarebbe forse superabile se l’intero territorio imparasse a promuoversi in modo globale, facendo squadra tra istituzioni e operatori per tutelare strategicamente i nostri prodotti di eccellenza.
Monti Iblei DOP – L’olio extravergine di oliva Monti Iblei DOP è ottenuto dai frutti dell’ulivo di varietà Tonda Iblea, Moresca e Nocellara Etnea. La denominazione è accompagnata dalle menzioni geografiche Monte Lauro, Val d’Anapo, Val Tellaro, Frigintini, Gulfi, Valle dell’Irminio, Calatino, Trigona-Pancali. Aspetto, odore e sapore variano a seconda della menzione geografica. La zona di produzione interessa alcuni comuni delle province siciliane di Siracusa, Ragusa e Catania. Il Consorzio di tutela è guidato dal presidente Giuseppe Arezzo e dal direttore Umberto Godano ai quali Consortium ha rivolto alcune domande.
Presidente Arezzo, qual è il numero di produttori iscritti alla vostra DOP aggiornato all’ultimo anno? Il Consorzio vanta un numero di iscritti pari a 260, di cui 210 olivicoltori, 17 frantoiani, 30 confezionatori e 4 intermediari, e una produzione DOP in crescita, come si evince dai dati dell’olio certificato nelle ultime tre campagne che ho il piacere di riportare: campagna 2018/2019 circa 2.266 quintali; campagna 2019/2020 circa 2.300 quintali; campagna 2020/2021 circa 2.989 quintali.
Ritenete che il valore di mercato della vostra denominazione sia soddisfacente? In merito al valore di mercato della nostra DOP possiamo ritenerci abbastanza soddisfatti: le vendite si sono ormai stabilizzate in diversi Paesi che riconoscono il nostro come un prodotto genuino, salutare e quindi di eccellenza. Viene richiesto sempre più frequentemente ai nostri soci di poter visitare le proprie aziende per poter toccare con mano e scoprire non solo il prodotto, ma anche lo splendido territorio che lo ospita. Il valore di mercato è spesso supportato e mantenuto dall’abbinamento, in costante crescita, dell’olio evo Monti Iblei DOP sia all’alta ristorazione sia con le proprietà salutistiche di tutti gli oli EVO di alta qualità.
Direttore Godano, qual è il mercato di riferimento della vostra denominazione? Quali sono i mercati stranieri più interessanti per voi? Il mercato di riferimento del Monti Iblei DOP è andato via via ad ampliarsi. In particolare, sono stati raggiunti importanti mercati oltre a quello europeo, ci riferiamo a quello asiatico, soprattutto per quanto riguarda il Giappone, e a quello degli USA. Rimangono quindi questi i mercati stranieri più interessanti, ma si spera di poter aggiungere a breve anche l’Australia e gli Emirati Arabi.
Quali sono i punti di forza e i punti di debolezza della vostra denominazione? I punti di forza sono sicuramente le cultivar tipiche del nostro territorio, la dedizione e la professionalità con cui i nostri bravi imprenditori coltivano gli oliveti e, infine, ma di non minore importanza, l’attenzione dei trasformatori (frantoiani) all’innovazione delle attrezzature inerenti alla molitura, che rappresenta il momento più delicato della produzione di un olio di alta qualità. Tutto questo genera un prodotto che oramai è riconosciuto nei diversi concorsi di settore, vantando l’assegnazione di numerosi premi e menzioni. I punti di debolezza risiedono, invece, nella dimensione dell’areale e, di conseguenza, della quantità di prodotto certificato. Anche il PSR della Regione Sicilia ha penalizzato il settore olivicolo in quanto, per accedere ai fondi volti alla realizzazione di nuovi impianti, occoreva che il beneficiario avesse una base aziendale di almeno 9 ettari. Questo ha frenato l’aumento della superficie olivetata del nostro areale, oltre a quello della Sicilia, e di conseguenza frenerà anche la crescita di olio EVO certificato che, invece, avrebbe giovato, vista la crescente richiesta del prodotto.
Riviera Ligure DOP – L’olio extravergine di oliva Riviera Ligure DOP è ottenuto dai frutti dell’olivo di varietà Taggiasca, Pignola, Lavagnina, Razzola e da cultivar locali autoctone. La denominazione deve essere accompagnata da una delle seguenti menzioni geografiche aggiuntive: Riviera dei Fiori, Riviera di Ponente Savonese o Riviera di Levante. La zona di produzione interessa l’intero territorio della Liguria. Le caratteristiche dell’olio variano leggermente a seconda della menzione. Consortium ha intervistato Carlo Siffredi, presidente del Consorzio di tutela.
Presidente Siffredi, qual è il numero di produttori iscritti alla vostra DOP aggiornato all’ultimo anno? Ad oggi contiamo 825 olivicoltori, 52 frantoiani, 69 confezionatori e 2 intermediari.
Ritenete che il valore di mercato della vostra denominazione sia soddisfacente? Di fatto il Riviera Ligure DOP è uno tra gli oli a denominazione con il prezzo più elevato sul mercato, ma va detto che quanto pagato al produttore non rispecchia ancora fedelmente il valore dell’olio in rapporto alla remunerazione corretta, tanto dell’olivicoltore quanto del frantoiano, in un territorio difficile come quello ligure. Per questo il Consorzio adotta ormai da quattordici anni un Patto di filiera tra gli operatori della filiera produttiva del prodotto tutelato. Vogliamo in questo modo sostenere il miglioramento qualitativo delle produzioni in rapporto ad una maggiore soddisfazione dell’intera filiera.
Qual è il mercato di riferimento della vostra denominazione? Quali sono i mercati stranieri più interessanti per voi? Il mercato di riferimento è quello italiano, con particolare attenzione alle regioni settentrionali. La denominazione riscontra successo anche all’estero, soprattutto in Germania e in Francia, dove ci sono consumatori che conoscono il nostro territorio e ne apprezzano le eccellenze agroalimentari.
Quali sono i punti di forza e i punti di debolezza della vostra denominazione? I punti di forza sono il riconoscimento della qualità apprezzata dai consumatori nel mercato degli oli, anche grazie alla storia delle nostre produzioni consolidatesi nel tempo e alle aziende pioniere di questo prodotto in Italia ed all’estero. In più, l’olio è riconosciuto come elemento simbolico della regione, poiché la sua produzione ha ricadute positive su ambiente, paesaggio, economia, socialità, tradizioni ed è anche un elemento di identità. Ulteriore punto di forza, direttamente relazionabile al suo rapporto con il territorio, è quello di poter svolgere un ruolo importante di aggregazione a livello turistico (enogastronomico, ambientale, culturale). I punti di debolezza sono quelli tipici che esistono a livello nazionale per gli oli DOP IGP. Infatti, ci sono richiami al territorio da parte di soggetti commerciali e operatori per oli non certificati e che, quindi, oltre ad essere in contrasto con la normativa europea sull’origine, creano confusione agli occhi dei consumatori già disorientati da una infelice scelta dei nomi dei prodotti a livello di classificazione normativa (olio extravergine di oliva, olio di oliva vergine, olio di oliva, ecc.). A livello regionale, poi, c’è una criticità specifica in relazione alla frammentazione produttiva e alla gestione degli oliveti. In spazi dove anche la meccanizzazione è limitata, occorre agire sulla capacità innovativa per quanto concerne la produzione e tenere conto del ricambio generazionale che di fatto esiste, ma è lento.
Sardegna DOP – L’olio extravergine di oliva Sardegna DOP è ottenuto dai frutti dell’olivo di varietà Bosana, Tonda di Cagliari, Nera di Villacidoro e Semidana. La zona di produzione comprende tutto il territorio della regione Sardegna. Il colore dell’olio Sardegna DOP va dal verde al giallo con sfumature cromatiche variano nel tempo. L’odore è fruttato, così come il sapore che presenta qualche nota di amaro e piccante. Consortium ha incontrato la presidente del Consorzio di tutela Antonella Anna Maria Orrù.
Qual è il numero di produttori iscritti alla vostra DOP aggiornato all’ultimo anno? Per il Sardegna DOP i produttori iscritti nell’annata 2020-21 sono 65, dei quali solo 25 hanno certificato olive atte a divenire DOP. I soci del Consorzio sono così suddivisi: 11 olivicoltori, 7 trasformatori (molitori) e 4 confezionatori (imbottigliatori). Per incrementare tali numeri il Consorzio, tramite il Consiglio di Amministrazione, sta attuando politiche espansive di divulgazione e conoscenza a tutta la filiera, politiche che, nell’ultimo periodo, hanno dato i loro frutti con l’inserimento di nuovi soci e l’interessamento da parte di altre aziende a far parte della compagine sociale.
Ritenete che il valore di mercato della vostra denominazione sia soddisfacente? Riteniamo che al momento il valore di mercato del prodotto DOP possa essere ulteriormente sviluppato con politiche volte a far conoscere le qualità dell’olio Sardegna DOP, anche attraverso le attività che il Consorzio andrà a predisporre nel corso di questo periodo tramite la promozione sui media e sui social media per informare il consumatore circa le caratteristiche salutistiche e organolettiche del prodotto.
Qual è il mercato di riferimento della vostra denominazione? Quali sono i mercati stranieri più interessanti per voi? Attualmente il mercato di riferimento è principalmente quello nazionale, mentre i Paesi di riferimento più interessanti con i quali interloquire e cercare ulteriori rapporti commerciali sono in Europa, con la Germania come primo mercato idoneo a recepire i prodotti di qualità, oltre a quello giapponese e quello statunitense che è in costante crescita.
Quali sono i punti di forza e i punti di debolezza della vostra denominazione? Il punto di forza della denominazione sta nella rievocazione immediata e diretta di un territorio, come la Sardegna, che da sempre è riconosciuto per la qualità espressa dalle proprie produzioni nonché per la natura e la salubrità delle nostre terre. Se, infatti, il made in Italy è sinonimo di qualità ed eccellenza, la Sardegna ha, soprattutto per i prodotti agricoli e grazie alle caratteristiche insulari e climatiche, sicuramente una marcia in più che va messa in evidenza maggiormente. Il punto di debolezza può essere attualmente individuato su una ancora timida risposta del mondo della produzione verso la DOP, riferendosi a questa certificazione in maniera importante solitamente nelle annate maggiormente produttive dove le quotazioni di mercato degli oli EVO italiani subiscono decrementi rilevanti. La certificazione Sardegna DOP ha dei limiti per quanto concerne la divulgazione della conoscenza del marchio e del prodotto, ai quale bisogna porre rimedio con una massiccia e capillare valorizzazione da attuarsi attraverso la ricerca di finanziamenti pubblici cui spesso non è facile accedere per via delle complicazioni burocratiche e finanziarie.
Olio di Calabria IGP – L’Olio di Calabria IGP è ottenuto da cultivar autoctone, prevalentemente diffuse sul territorio regionale: Carolea, Dolce di Rossano, Sinopolese, Grossa di Gerace, Tondina, Ottobratica, Grossa di Cassano, Tonda di Strongoli. La zona di produzione dell’Olio di Calabria IGP comprende l’intero territorio amministrativo della Calabria. Il colore va dal verde al giallo paglierino con variazione cromatica nel tempo. L’odore è fruttato di oliva verde con note floreali, di carciofo, foglia, pomodoro ed erba appena falciata. Al palato si fa apprezzare per la struttura armonica. Consortium ha intervistato il presidente Massimino Magliocchi.
Presidente Magliocchi, qual è il numero di produttori iscritti alla vostra IGP aggiornato all’ultimo anno? Attualmente al Consorzio aderiscono circa 200 olivicoltori che producono a marchio IGP.
Ritenete che il valore di mercato della vostra denominazione sia soddisfacente? Essendo la Calabria la seconda regione italiana per produzione di olio, presenta una grande potenzialità produttiva non solo in termini di quantità, ma anche di eccellente qualità. Questo ci consente di esprimere, attraverso il marchio IGP, un valore di mercato molto positivo e di guardare al futuro con ottimismo, individuando una prospettiva di crescita dei consumi e l’acquisizione di nuovi mercati.
Qual è il mercato di riferimento della vostra denominazione? Quali sono i mercati stranieri più interessanti per voi? Momentaneamente il nostro mercato di riferimento resta quello nazionale, pur registrando significative presenze anche in Paesi esteri con prospettive lusinghiere per quelli del Nord Europa e del Nord America, dove gradualmente ci stiamo posizionando con le nostre aziende che producono a marchio IGP.
Quali sono i punti di forza e i punti di debolezza della vostra denominazione? Il nostro punto di forza resta sempre quel valore culturale, che si perde nella notte dei tempi, frutto di storici produttori olivicoli che, esprime un olio extravergine di altissima qualità. Inoltre, con la realizzazione della IGP abbiamo voluto garantire maggiormente ai nostri consumatori, con un disciplinare restrittivo, la presenza dei valori salutistici e organolettici che l’olio Olio di Calabria IGP contiene. Il punto di debolezza consiste nell’essere una IGP giovane che deve ancora lavorare tanto per conquistare la fiducia del consumatore.
Olio Lucano IGP – Il 10 ottobre 2020 arriva la buona notizia che segna un traguardo raggiunto: l’Olio Lucano è ufficialmente iscritto dalla Commissione Europea nel registro delle Indicazioni Geografiche Protette. La zona geografica di produzione dell’Olio Lucano IGP coincide con l’intero territorio della regione Basilicata, dove si produce l’1,4% dell’olio italiano ed è già registrata il Vulture DOP. Sono 27 le varietà autoctone distribuite su 28mila ettari di territorio. L’IGP è un gran – de risultato, giunto alla fine di un percorso durato più di tre anni e costellato dall’impegno di molti: Assessorato all’agricoltura, uffici regionali, Camera di commercio, Alsia, ma soprattutto delle tante aziende del Consorzio proponente, guidato dal presidente Claudio Cufino. Un risultato considerato “il figlio dell’agricoltura lucana di eccellenza”, che si unisce al lavoro di miglioramento della qualità di tutta la comunità olivicola lucana intrapreso sin dal 2015, con l’emanazione della legge regionale e una nuova collaborazione sinergica tra tutti i livelli del mondo della produzione e delle istituzioni. Il riconoscimento è stato salutato come un importante stimolo e un volano di ripresa dell’intero comparto oli – vicolo, capace di guidare il rilancio di tutto l’agroalimentare di qualità della regione che non ha bisogno di assistenzialismo, bensì di una visione e di un nuovo dinamismo imprenditoriale. A un anno dalla registrazione, Consortium ha intervistato Claudio Cufino, presi – dente dell’Associazione richiedente l’IGP.
Presidente Cufino, qual è il numero di produttori iscritti alla vostra IGP aggiornato all’ultimo anno? I produttori iscritti nell’ultimo anno all’IGP sono circa una trentina, mentre i frantoiani e confezionatori una decina. Purtroppo, la tanto attesa registrazione è quasi coincisa con l’emergenza Coronavirus. La situazione pandemica ha bloccato e condizionato notevolmente tutte le attività che potevano dare vita alla costruzione di un’organizzazione volta alla divulgazione dell’IGP Olio Lucano e, quindi, al suo sviluppo.
Ritenete che il valore di mercato della vostra denominazione sia soddisfacente? Il mercato al quale l’Olio Lucano IGP deve puntare è quello della nicchia più pregiata del mercato degli extravergine di oliva. Ma, naturalmente, è impensabile che l’IGP possa essere circoscritta a questo unico segmento. Per questo, si deve riuscire portare a certificazione la maggiore produzione possibile, al fine di abbracciare una fascia di mercato più ampia offrendo al consumatore un giusto equilibrio tra qualità e prezzo.
Qual è il mercato di riferimento della vostra denominazione? Quali sono i mercati stranieri più interessanti per voi? Il viaggio è appena iniziato, ora bisognerà lavorare per armonizzare i vari attori della filiera basandosi su punti di forza come il territorio, l’ambiente, la grande ospitalità dei lucani nonché l’ottima qualità legata a una quantità di prodotto abbastanza limitata.
Quali sono i punti di debolezza della vostra denominazione? Un punto di debolezza è sicuramente l’estrema frammentazione delle aziende olivicole, ma anche l’assenza di un piano olivicolo nazionale e l’elevato costo in termini economici e di tempo del sistema di certificazione, inseriti in un complesso di burocrazia fatto di regole ripetitive e asfissianti che scoraggiano i produttori.
Marche IGP – L’olio extravergine di oliva Marche IGP è ottenuto dai frutti dell’olivo delle varietà Ascolana tenera, Carboncella, Coroncina, Mignola, Orbetana, Piantone di Falerone, Piantone di Mogliano, Raggia/ Raggiola, Rosciola dei Colli Esini e Sargano di Fermo, Frantoio e Leccino. La zona di produzione dell’olio extravergine di oliva Marche IGP comprende numerosi comuni situati nelle Marche. Ha un colore giallo/verde e un sapore mediamente fruttato, amaro, piccante con piccole oscillazioni verso l’intenso o il leggero. Consortium ha intervistato il presidente del Consorzio di tutela Ugo Gaetano Agostini.
Presidente Agostini, qual è il numero di produttori iscritti alla vostra IGP aggiornato all’ultimo anno? Il numero degli iscritti al circuito IGP è ancora esiguo ed è pari a 66 operatori che assumono uno o più ruoli. Pertanto, abbiamo 50 olivicoltori, 26 frantoiani, 30 confezionatori e 3 intermediari. Dal punto di vista produttivo, passiamo da una produzione certificata IGP pari a 207 quintali nel 2017 (primo anno di IGP) ad una produzione di 183 quintali nel 2020. Il dato ha subito una flessione negli ultimi tre anni anche a causa della gelata che ha compromesso gran parte delle produzioni.
Ritenete che il valore di mercato della vostra denominazione sia soddisfacente? Sì, il prezzo medio a litro dell’olio extravergine Marche IGP oscilla tra 16 e 18 euro con positiva ricaduta in termini di valore aggiunto (+50%) rispetto alle produzioni tradizionali.
Qual è il mercato di riferimento della vostra denominazione? Quali sono i mercati stranieri più interessanti per voi? Il mercato di riferimento in Italia è rappresentato prevalentemente da vendita diretta in frantoio (40%), forniture a GDO (40%) e Horeca, enoteche e piccolo dettaglio (20%). L’olio Marche IGP raggiunge i mercati esteri di nicchia prevalentemente nord europei (5%). I mercati più interessanti per noi sono: Europa, Giappone, Inghilterra, USA.
Quali sono i punti di forza e i punti di debolezza della vostra denominazione? I numeri da soli rendono chiara l’immagine di una produzione estremamente esigua e frammentata. Una prima considerazione riguarda quindi l’offerta che andrebbe meglio strutturata puntando a un maggiore prodotto certificato che, tuttavia, non può prescindere da un incremento generale delle superfici olivetate. Puntiamo ad investire maggiormente su nuovi impianti olivicoli e al recupero di quelli abbandonati, oltre che all’ammodernamento dei frantoi e dell’intera filiera per ampliare la produzione e la concentrazione dell’offerta di qualità certificata. Come Consorzio di tutela, nato dalla trasformazione del Consorzio Marche Extravergine, siamo convinti che occorra lavorare per promuovere più efficacemente la cultura e il consumo dell’olio marchigiano con iniziative e specifici programmi di sviluppo da mettere a punto con enti, associazioni e con la Regione Marche. Sul fronte export, data l’esigua produzione e l’alto livello di frammentarietà, risulta al momento difficile guardare ai mercati esteri che, tuttavia, rappresentano un obiettivo di medio-lungo periodo per la crescita del settore in termini di valore. Infatti, tra le attività del Consorzio ci sono anche quelle improntate allo sviluppo commerciale delle aziende associate attraverso la partecipazione a fiere ed eventi di promozione diretta sia sul mercato nazionale che estero, oltre al fondamentale compito di vigilare per salvaguardare l’uso corretto della Denominazione di Origine da tentativi di plagio e concorrenza sleale assieme all’ispettorato per la tutela della qualità e repressione delle frodi alimentari. Indubbiamente le Marche hanno un potenziale ancora inespresso in termini di produzioni olivicole di pregio, potendo contare su uno dei più alti livelli di biodiversità con oltre venti cultivar autoctone che testimoniano una tradizione antica, da sempre attenta al territorio e alla sua identità. La reputazione dell’olio “Marche” è infatti antichissima e si è mantenuta sino ai giorni nostri. Il ruolo del nostro Consorzio di tutela delinea un modello di produzione di altissima qualità certificata, tracciata, trasparente e, quindi, affidabile. Nonostante la dimensione produttiva ridotta, si tratta di un modello altamente sostenibile dal punto di vista ambientale e capace di offrire opportunità alle comunità locali all’interno di un contesto territoriale di indiscussa bellezza.
Olio di Puglia IGP – L’Olio di Puglia IGP è ottenuto dai frutti dell’olivo delle varietà Cellina di Nardò, Cima di Bitonto (o Ogliarola Barese, o Ogliarola Garganica), Cima di Melfi, Frantoio, Ogliarola salentina (o Cima di Mola), Coratina, Favolosa, Leccino, Peranzana. La zona di produzione comprende l’intero territorio amministrativo della regione Puglia. Il colore va da verde a giallo paglierino, con variazione cromatica nel tempo. L’odore ha un netto fruttato di oliva, con evidenti note vegetali di erba appena sfalciata e/o foglia, mandorla fresca e/o carciofo. Il sapore si esprime con sentori vegetali, note di amaro e piccante di intensità variabile a cui possono associarsi note di mandorla verde e/o cardo, con un retrogusto di erba, carciofo, altri ortaggi e leggeri sentori di mandorla fresca. Consortium ha intervistato Pantaleo Piccinno, presidente del Consorzio Olio Evo Puglia IGP.
Presidente Piccinno, qual è il numero di produttori iscritti alla vostra IGP aggiornato all’ultimo anno? Il numero dei produttori iscritti alla IGP è di circa 400.
Ritenete che il valore di mercato della vostra denominazione sia soddisfacente? La IGP è solo da poco presente sui mercati e le prime uscite degli operatori non sempre hanno soddisfatto le aspettative di posizionamento del prodotto. Su questo campo si sta lavorando per raggiungere un target consono alla qualità dell’Olio di Puglia IGP.
Qual è il mercato di riferimento della vostra denominazione? Quali sono i mercati stranieri più interessanti per voi? Il mercato di riferimento privilegiato è l’Horeca nazionale, ma anche i soggetti della GDO che sono orientati alla valorizzazione dei prodotti del territorio. Come mercati stranieri, al momento sono più interessanti Germania e Nord Europa.
Quali sono i punti di forza e i punti di debolezza della vostra denominazione? Il punto di forza dell’Olio di Puglia IGP è senz’altro la sua qualità. Infatti, oltre alla certezza dell’origine – che è, peraltro, tutta pugliese sia come produzione sia come trasformazione e confezionamento – possiamo vantare anche la qualità altissima del prodotto (vedi parametri chimico-fisici del disciplinare) e, soprattutto, la possibilità di utilizzare il claim salutistico per l’elevato quantitativo di polifenoli: “Un EVO buono e che fa bene”.
Olio di Roma IGP – L’Olio di Roma IGP è la più giovane fra le denominazioni olivicole-olearie regionali. Il 2 agosto 2021, infatti, è arrivato dall’Europa il riconoscimento all’olio degli antichi romani. L’Olio di Roma IGP è ottenuto dai frutti dell’olivo delle varietà Itrana, Carboncella, Moraiolo, Caninese, Salviana, Rosciola, Marina, Sirole, Maurino Pendolino, Frantoio e Leccino per un minimo dell’80%. La zona di produzione dell’Olio di Roma IGP si estende nell’intera provincia di Viterbo e in numerosi comuni della provincia di Rieti, Roma, Frosinone e Latina della regione Lazio. La registrazione interessa, quindi, una buona porzione del Lazio, a partire dalla Tuscia. È caratterizzato da un colore che va dal verde al giallo oro. Il profumo è fruttato di oliva di intensità variabile con evidenti note di pomodoro e/o carciofo e/o mandorla e/o erbaceo. Il gusto è amaro e piccante di intensità variabile a cui possono associarsi note di pomodoro e/o carciofo e/o mandorla e/o erbaceo. Gli oliveti caratterizzano l’intero paesaggio del territorio interessato dall’IGP, con la presenza di olivi secolari e una ricchezza di ecotipi di olivo identitari dell’ambito geografico. La coltura dell’olivo è diffusa per una superficie investita di oltre 63.000 ettari che si estendono dal livello del mare fino agli 800 metri di altitudine, rappresentando quasi il 50% dell’intera superficie destinata complessivamente alle colture arboree. La domanda per l’Olio di Roma IGP è stata presentata dalla OP Latium e sostenuta dal Consorzio olivicolo italiano Unaprol e da Coldiretti Lazio. “Con grande piacere accogliamo la notizia dell’avvenuta registrazione dell’Olio di Roma IGP da parte dell’Europa, che certifica definitivamente il riconoscimento di una denominazione che è l’emblema della storicità di un territorio e della sapienza agricola degli olivicoltori romani” – scrive in una nota il Senatore Francesco Battistoni, Sottosegretario alle politiche agricole alimentari e forestali.
Sicilia IGP – L’olio extravergine di oliva Sicilia IGP è ottenuto dai frutti dell’olivo delle varietà: Biancolilla, Cerasuola, Moresca, Nocellara del Belice, Nocellara Etnea, Ogliarola Messinese e Tonda Iblea (cultivar principali), e Aitana, Bottone di gallo, Brandofino, Calatina, Cavalieri, Crastu, Erbano, Giarraffa, Lumiaru, MarmoriFiliera olio DOP IGP :: 33 gna, Minuta, Nasitana, Nerba, Nocellara messinese, Olivo di Mandanici, Piricuddara, Santagatese, Vaddarica, Verdello, Verdese, Zaituna. La zona di produzione dell’olio extravergine di oliva Sicilia IGP comprende l’intero territorio amministrativo della regione Sicilia. L’olio ha un colore verde oro e presenta un odore mediamente fruttato con sentori di pomodoro verde, carciofo ed erba fresca. La percezione dell’amaro e del piccante varia da leggera a media. La Sicilia ha un’enorme ricchezza nel settore olivicolo-oleario, con circa venti milioni di piante di olivo e ben 6 DOP registrate: Monti Iblei DOP, Valli Trapanesi DOP, Val di Mazara DOP, Monte Etna DOP, Valle del Belice DOP, Valdemone DOP. “Usare la denominazione Sicilia può consentire di ottenere un maggiore consenso, dal momento che il nome della nostra isola è noto ovunque nel mondo – commenta il presidente del Consorzio Pietro Pipitone – ma non siamo ancora riconosciuti dal Ministero come Consorzio di tutela perché dobbiamo riunire almeno il 66% dei produttori, frantoiani e confezionatori di Sicilia IGP. Questo è il nostro obiettivo. Le ultime annate non hanno favorito questo processo, perché c’è stata poca produzione e poca certificazione, ma siamo ottimisti per la prossima campagna e speriamo che ci porti ad arrivare ai numeri che permetteranno il riconoscimento. Lo vogliamo fortemente per poter lavorare sulla valorizzazione e promuovere il nostro olio in tutte le occasioni utili. Faremo il possibile per far aderire tutti gli olivicoltori che certificheranno il Sicilia IGP”.
Toscano IGP – L’olio extravergine di oliva Toscano IGP è ottenuto dai frutti dell’olivo delle varietà Americano, Arancino, Ciliegino, Frantoio, Grappolo, Gremignolo, Grossolana, Larcianese, Lazzero, Leccino, Leccio del Corno, Leccione, Madonna dell’Impruneta, Marzio, Maurino, Melaiolo, Mignolo, Moraiolo, Morchiaio, Olivastra Seggianese, Pendolino, Pesciatino, Piangente, Punteruolo, Razzaio, Rossellino, Rossello, San Francesco, Santa Caterina, Scarlinese, Tondello e loro simili. La zona di produzione del Toscano IGP comprende l’intero territorio della regione Toscana. L’olio presenta un colore dal verde intenso al giallo oro. L’odore è fruttato, accompagnato da aroma di mandorla, carciofo, frutta matura e verde di foglia. Sono presenti note spiccate ed equilibrate di amaro piccante. Consortium ha intervistato il direttore marketing Christian Sbardella.
Qual è il numero di produttori iscritti alla vostra IGP aggiornato all’ultimo anno? Attualmente la il numero di aziende iscritte al Consorzio ammonta a 8.665, suddivise fra 8.477 olivicoltori, 248 molitori e 429 imbottigliatori.
Ritenete che il valore di mercato della vostra denominazione sia soddisfacente? La domanda necessita di una risposta articolata per comprendere l’entità e l’importanza del tema. L’attuale apprezzamento economico dell’olio Toscano IGP nel parametro sopra citato si attesta su livelli decisamente confortanti se commisurati al valore esercitato dalla categoria degli extravergine di oliva. Questa importante premessa ci rende comunque consapevoli che ancora non siamo arrivati al raggiungimento di una completa gratificazione nella remunerazione finale del prodotto, ma assume al tempo stesso un significativo posizionamento che si propone quale stimolo per incrementarne sempre più il proprio valore di mercato teso all’ottenimento di quelle quotazioni molto più prossime alle necessità espresse dal mondo della produzione.
Qual è il mercato di riferimento della vostra denominazione? Quali sono i mercati stranieri più interessanti per voi? L’olio Toscano IGP presenta una forte penetrazione commerciale nei mercati esteri, dove si attestano quote significative sino a raggiungere circa il 70% della produzione certificata annualmente. Il segmento estero si configura poi con una determinante presenza del mercato extra-europeo, dove gli USA sono capaci di assorbire quasi la metà del volume destinato all’export del Toscano IGP. Seguono Paesi altrettanto rilevanti, come il Canada, per poi spostare il baricentro verso est con Giappone, Corea e segnali di interesse anche dalla Cina. Nel mercato interno all’UE, Paesi come Germania, Francia e Nord Europa rappresentano i principali protagonisti.
Quali sono i punti di forza e i punti di debolezza della vostra denominazione? Può sembrare quasi pleonastico, ma il prominente punto di forza risiede proprio nello stesso nome della denominazione, in grado di creare un solido posizionamento valoriale quale espressione della molteplicità di fattori ed attributi intrinseci al prodotto ed espressione del suo territorio di origine: la Toscana. La ricchezza varietale, le micro differenze zonali nelle variegate caratterizzazioni pedoclimatiche ed ambientali, inclusi i valori umani legati alle culture locali, si sintetizzano ed armonizzano perfettamente nella Indicazione Geografica Protetta Toscano. Resta altresì fondamentale rimarcare la solidità dell’impianto garantistico affidato alla certificazione e al suo rigido disciplinare di produzione quale strumento di tutela propedeutico anche alla promozione del prodotto stesso, nella chiara e tangibile manifestazione di un vero, sincero e solido processo di valorizzazione. Al contempo, però, l’insufficienza di una piena consapevolezza e cultura da parte del consumatore finale coinvolge lo stesso nome, in mancanza di certificazione, in un percorso di deviazione nel corretto riconoscimento del vero olio toscano proprio laddove l’acquirente, carente di opportune e corrette informazioni, risulti convinto di scegliere un olio toscano seppur privo dei requisiti previsti dalla Indicazione Geografica. Questo gap rappresenta quindi per il Consorzio un obiettivo verso il quale indirizzare le proprie azioni di comunicazione volte proprio all’incremento culturale del consumatore.
A cura della Redazione
Fonte: Consortium 2021_03