Sarà presa a fine ottobre dal Consorzio di tutela dei vini DOCG di Caluso e DOC Carema e Canavese la decisione ufficiale sulla liberalizzazione della Erbaluce di Caluso DOP che consentirebbe, quindi, ad altri territori di utilizzarlo in etichetta.
Una tavola rotonda svoltasi nei giorni scorsi all’hotel Erbaluce di Caluso era servita almeno ad un confronto diretto tra produttori e trai sindaci dei 36 Comuni del terroir del vitigno autoctono.
Ma soprattutto, al termine degli interventi pro e contro lo svincolo del marchio, era emersa la necessità di uno studio approfondito sui vantaggi, o meno, che deriverebbero dalla rinuncia alla protezione esclusiva del marchio Erbaluce.
L’hanno richiesto in tanti tra i soci e tra gli stessi componenti del consiglio di amministrazione del Consorzio di tutela, e l’ha sollecita Ercole Zuccaro, direttore di Confagricoltura.
«Se non c’è redditività il vino non ha futuro – ha sottolineato nel suo intervento Zuccaro – ma prima di prendere una decisione, da cui non si può tornare indietro, occorrono dei dati. Senza dimenticare che ogni territorio ha la sua specificità ed ogni doc la sua storia e le sue suggestioni. E soprattutto non bisogna creare divisioni, ma fare leva sul mi- glioramento qualitativo dell`Erbaluce e la sua promozione».
Sulla stessa lunghezza d’onda Gianluigi Orsolani, dell’omonima azienda di San Giorgio, che chiarisce: «La proposta di allargamento oggi arriva da alcuni soci del Consorzio. Secondo loro ilnome di un vitigno non può essere a uso esclusivo di una denominazione. A livello europeo, tra 550 vitigni registrati, solo undici vitigni italiani, tra cui tre piemontesi, hanno ilnome del vitigno collegato al nome del toponimo che, nel nostro caso è Calmo. E quindi non si può mai usare il nome Erbaluce se non con il toponimo Caluso. Questo tipo di protezione è stata data dalla Comunità europea ne12009. Una eccezionalità che non può essere banal- mente lasciata andare senza essere difesa. Gli unici che possono decidere di uscire fuori da questo tipo di protezione sono i produttori stessi, votando l`abbandono di questa protezione. Una protezione che potrebbe essere cancellata anche con una sentenza del Tar o da una modifica delle leggi. Io dico questo: quando uno pensa al Canavese si ricorda della storia dell’Olivetti e dell’Erbaluce di Calmo. Ritengo questo vitigno molto importante per la promozione e il turismo del territorio. L’eventuale allargamento rappresenterebbe un indebolimento».
Insistono per il cambio di rotta i giovani vignaioli del Canavese, riuniti da poco in un’associazione. Anzi particolarmente duro era stato l’intervento del presidente Vittorio Garda: «La parola autoctona ne12021 dovrebbe essere depennata. Per progettare un futuro per noi giovani e per l’Erbaluce si deve parlare di suolo e non di vitigno. La mia paura è che tra qualche anno ci troveremo di fronte ad un’imposizione dall’alto per la liberalizzazione del marchio: un fatto che comporterà la perdita di un’identità territoriale che finora non abbiamo mai avuto. È arrivato il momento di superare questo ostacolo».
Fonte: La Sentinella del Canavese