Il report Sace sulle esportazioni: a fine anno si arriverà ai livelli del 2019, ripartenza più lenta per i servizi mentre l’industria funge da traino
Per l’export la pandemia dura un anno in meno. Se per vedere il Pil italiano tornare ai livelli pre-Covid serviranno almeno altri dodici mesi, le aziende che lavorano con i mercati stranieri stanno già risalendo ai numeri del 2019.
A dirlo è Sace nel Rapporto Export 2021 “Ritorno al futuro: anatomia di una ripresa post-pandemica“, che stima un rimbalzo dell’11,3% per i beni e del 5,1% per i servizi, che avranno bisogno di aspettare ancora qualche mese per recuperare i volumi precedenti la pandemia.
Si arriverà così già nel 2021 oltre quota 480 miliardi, per poi continuare a crescere nel 2022 (5,4%) e nel 2023 ( + 4%), fino ad andare oltre i 550 miliardi nel 2024. L’attesa è per una crescita media dell’export del 5% annuo.
Un ritmo ben più sostenuto del 3,1% medio del pre-Covid, perché al rimbalzo si somma la grande spinta alla domanda attesa dal Recovery Plan in Europa e soprattutto in Italia: “Una piena realizzazione delle riforme strutturali del Pnrr e del loro mantenimento in un orizzonte di medio periodo – scrive Sace nel report – potrebbe portare a risultati ancora migliori accentuando l’intensità della crescita del Pil italiano soprattutto nell`ultimo triennio: nel 2025 l`output nazionale aumenterebbe allora del 2,7% come riflesso della spinta degli investimenti e delle riforme”.
I beni di consumo, affossati dai lockdown e dall’incertezza, non riusciranno a recuperare pienamente nel 2021: a frenare il comparto è soprattutto l’andamento ancora timido di tessile e abbigliamento.
La ripartenza è più veloce per i beni di investimento, già oltre i livelli del 2019 in diversi comparti: apparecchi elettrici, meccanica strumentale e automotive, grazie soprattutto all’impulso green.
Il riavvio della macchina degli investimenti spinge metalli, gomma, plastica e chimica (che beneficia della corsa della farmaceutica). Per l’agroalimentare cambiano i clienti, ma non i risultati: nel 2020 era stato premiato dai consumi domestici, ora dalla ripartenza di ristorazione e turismo.
Sace divide i partner commerciali in quattro gruppi. La medaglia d’oro dei mercati con i quali l’interscambio corre già più veloce del 2019 va, tra gli altri, a Stati Uniti, Germania, Svizzera (hub logistico rilevante soprattutto per tessile e abbigliamento), Cina ed Emirati (che puntano a diventare hub manifatturiero e dunque spingono gli acquisti di meccanica industriale).
Il mercato tedesco si conferma il primo sbocco dell’export italiano e crescerà a doppia cifra nel 2021: previsto un fatturato di 55 miliardi di euro.
La Russia, meno penalizzata dalla pandemia, resta una destinazione significativa per l’export italiano per la solidità economica, il debito pubblico contenuto e le importanti riserve valutarie.
Sarà la meccanica strumentale a trainare le esportazioni verso Mosca ( + 18,7%). L’accelerazione delle vendite verso la Cina, attese oltre i 14 miliardi di euro nel 2021, è trainata in particolare dalla moda e dall’arredamento.
Recupero completato anche nei Paesi della seconda fascia, destinati però a ridurre l’accelerazione nei prossimi anni: Brasile, Arabia Saudita, Francia e Paesi Bassi. Le criticità maggiori riguardano i mercati che soffrono fragilità economiche e politiche o che ancora pagano dazio alla pandemia: i più importanti sono Romania, Grecia, Argentina e Sri Lanka.
Fonte: La Stampa