Dati dell’Osservatorio Ismea-Qualivita sul giro d’affari di cibi e vini IGP DOP riconosciuti dal ministero
Un volume d’affari di 35 milioni di euro a livello regionale di cui 6 milioni per la provincia di Savona. E’ quanto vale il settore dei prodotti IGP e DOP. Più quello generato dai prodotti De.Co, a denominazione comunale, in crescita e ancora da stimare.
Sono 17 i cibi e vini liguri certificati DOP (denominazione di origine protetta) e IGP (indicazione geografica protetta). Stando alle ultime stime elaborate dall’Osservatorio Ismea-Qualivita, di quei 35 milioni il 37,1% è costituito da prodotti agro alimentari e il 62,9% da quelli vitivinicoli. Nel Savonese prodotti IGP sono l’olio extravergine di oliva DOP Riviera Ligure, che rappresenta la dimensione territoriale e culturale di duemila anni di storia, e il basilico genovese DOP. Hanno invece denominazione IGP le «Acciughe sotto sale del Mar Ligure».
Inoltre il ministero delle Politiche agricole ha riconosciuto la provincia di Savona come zona di produzione del «vitellone piemontese della coscia» IGP, allevato anche in alcune aree dell’entroterra come Carcare. Infine ci sono i vini, i DOP (Denominazione d’origine protetta) della Riviera Ligure di Ponente (come Pigato, Vermentino o Rossese) e i vini IGP (Indicazione geografica protetta) delle Colline Savonesi, denominazione riservata ai vini Alicante, o Granaccia, Lumassina (localmente detto Buzzetto o Mataosso), bianco, rosso e rosato.
Seguono invece disciplinare adottato a livello regionale oppure per i singoli Comuni che lo hanno adottato i prodotti De.Co. (Denominazioni Comunali). Si tratta di certificazioni del settore agro alimentare che hanno la funzione di legare un prodotto o le sue fasi di realizzazione a un particolare territorio comunale. Oltre una trentina circa di prodotti che riguardano molti dei Comuni della nostra provincia. Tra questi ci sono Comuni che spiccano per la varietà di denominazioni comunali come Alassio che ha approvato la De.Co per il panino con la ventre, il panino ghiotto, le «sardene cine arasine«» (sardine ripiene), il macetto (una specie di pasta d`acciughe) o le «bisciette», le frittelle di mele, la galletta di Santa Caterina e i famosi Baci di Alassio. Ma ci sono anche il pane del marinaio, i «gumeletti» di borgo Barusso o i fichi secchi confezionati nelle foglie stesse del frutto e l’amaro dei Saraceni.
Per l’entroterra ci sono prodotti come la tira di Cairo o la zucca di Rocchetta o il moco della Val Bormida, prodotto De,co del comune di Cengio o l’asparago violetto di Albenga o ancora i «mandilli de Vaze» e lo zafferano di Varazze. In Liguria il registro dei prodotti De.Co per l’iscrizione e catalogazione dei prodotti tipici ritenuti ad alto valore storico della tradizione locale di ogni singolo comune ligure è stato istituito nel 2019, mentre il disciplinare per ottenere la De.Co risale al 2018.
«Un segnale positivo per il comprensorio savonese – spiega il vice presidente e assessore ligure all’Agricoltura, Alessandro Piana – che valorizza l`area geografica e i metodi di produzione, mettendo al centro la riconoscibilità delle eccellenze liguri. Patrimonio culturale, usi e tradizione trovano una chiara espressione per supportare le realtà che quotidianamente si impegnano per tramandare i valori e la memoria degli antichi saperi e sapori. L’attenzione già riservata dal largo pubblico confermano la centralità delle nostre produzioni, che Regione Liguria contribuisce a difendere e a diffondere. Proprio da questi motivi, si era originata negli anni scorsi la proposta di legge che mi ha visto primo firmatario del provvedimento, per confermare il legame tra produzioni e specificità storico-culturali».
Fonte: La Stampa – Savona