Pasta di Gragnano: lo sviluppo del distretto è ripartito dopo il riconoscimento dell’IGP nel 2013, oggi 23 pastifici con più di 300 dipendenti producono un fatturato di circa 300 milioni annui e rappresentano il 5% dell’occupazione italiana del settore
Cresce del 30% la produzione di Pasta di Gragnano IGP nel 2020, sulla spinta anche delle nuove condizioni di vita dettate dalla pandemia. E intanto le imprese del distretto pastario di Gragnano, vuoi per realizzare un progetto già avviato, vuoi per cogliere a piene mani l’opportunità di una domanda in forte crescita, hanno implementato la dotazione necessaria per rilanciare l’e-commerce. Lo sbarco sul web, anche delle piccole imprese, sta dando buoni risultati, anche se al momento mancano dati in proposito.
“Non avevamo ancora avviato l’e-commerce – dice Susanna Moccia direttore risorse umane della Fabbrica della Pasta – ma da Pasqua 2020 abbiamo riscontrato sul web interesse per i prodotti di qualità”. Di certo, lo sbarco sul web è avvenuto sotto la guida del Consorzio di tutela che, a sua volta, promuove, su canali digitali, il prodotto. Come con il “Viaggio in Italia, tra cultura ed enogastronomia”, realizzato con il Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana DOP. Lo scopo: mostrare con una serie di video-racconti come vengono utilizzate due eccellenze simbolo del Made in Italy a tavola: la Mozzarella di Bufala Campana DOP e la Pasta di Gragnano IGP. Quella di Gragnano è l’unica pasta secca IGP in Italia e in Europa. Riconoscimento che risale al 2013, e ottenuto dopo dieci anni di lavoro. Un lungo percorso che, a dire il vero, è servito non solo a ottenere l’ambìto titolo, ma soprattutto a far “resuscitare” da una lunga agonia un polo industriale di antichissima tradizione, a quell’epoca in grave crisi.
Oggi a Gragnano, borgo di 15 chilometri quadrati tra i monti Lattari e il golfo di Napoli, si contano 23 pastifici con più di 300 dipendenti, pari al 5% della forza lavoro del comparto della pasta in Italia. Delle 23 imprese, quelle che hanno aderito al Consorzio di Tutela sono tredici che rappresentano iI 97% della produzione e del fatturato . Tanti nomi sono noti: Pastificio dei Campi, Il Mulino di Gragnano, Pasta Di Martino, Liguori, per citarne solo qualcuno. Si parla di 3oomilioni di valore della produzione nel 2020. Insomma, l’IGP per la pasta di Gragnano è stata una vera “manna dal cielo”. Poichè da quando, rispettando il disciplinare di produzione, si può imprimere questo marchio sui pacchi di pasta, è cominciato un trend tutto in crescita. Almeno dal 2015, ricordano dal Consorzio.
Indimenticabile l’annata 2018, quando la produzione crebbe in volume del 60%, interessante anche il 2019 con un + 34%. Allora, prima della pandemia i pastai gragnanesi avevano confezionato 7omila tonnellate di pasta, diventate nel 2020 9omila tonnellate, con un ulteriore incremento del 3o%. Mentre la stima in valore non è ancora completa ma si ritiene sia intorno ai 30o milioni. Grazie a tutto ciò è il nono prodotto per valore tra DOP e IGP italiane e il secondo nel Mezzogiorno. Con una quota di export del 40% della produzione (rappresenta il 1o% del totale export di pasta italiano) diretto soprattutto verso Europa, seguita da America del Nord e Usa. Ma manager e imprenditori dei pastifici oggi sono tutti orientati a conquistare i mercati del Medio Oriente e della Cina.
Per Garofalo, una delle aziende maggiori, nel 2020 l’export cresce del 35%: gli ordini più consistenti provengono dagli Usa, ma anche dai principali Paesi europei. La Spagna vira nettamente verso il segmento della pasta di qualità. Mercato tanto più importante per Garofalo: dal 2014 controllata con il 52% dal gruppo Ebro Foods, quotato a Madrid. Intanto, quanto al distretto, si può dire che sia stato per buona parte recuperato un grande patrimonio di tradizioni, cultura, industriale ed economico che era andato perso, prima dell’annodi gloria del 2013. Certo il cammino non è stato sempre lineare, la presenza della malavita e della criminalità organizzata si fa sentire, i contrasti interni al Consorzio non sono stati rari. Sopiti dopo che il Consorzio nel 2019 è diventato anche ente di tutela e valorizzazione. Ma di fatto oggi Gragnano è tornata ad essere “la città della pasta”. Lo sviluppo segnato dalla produzione manifatturiera ha prodotto un indotto importante che va dal commercio, alla ristorazione e al turismo (indotto che ha risentito molto però della crisi da Covid). Tutto ruota intorno alla pasta che è in tavola, nell’arte, nel paesaggio.
Cosicché il luogo simbolo, la Valle dei Mulini, è in via di restauro proprio grazie al Consorzio che se ne è fatto promotore. Insomma, la pasta cresce e Gragnano con essa punta a tornare alle sue origini. A quando, a esempio, a metà del 1800 il 75% della popolazione era impegnato nella lavorazione dei maccheroni con più di cento pastifici. A quando nel 1845 Ferdinando II di Borbone concesse ai cittadini del borgo l’alto privilegio di fornire alla Corte le “paste lunghe”. Sin dal 500 era partita la produzione di pasta e si era diffusa l’abitudine di asciugarla per strada grazie al microclima generato dai Monti Lattari, il fiume Vernotico e i venti. Tanto che addirittura nell’800 il piano urbanistico venne pensato proprio in funzione dell’esigenza di asciugare la pasta in strada, con palazzi bassi e spazi dedicati. Ora il distretto affila le armi per difendersi da imitazioni e uso improprio del marchio. A questo scopo il Consorzio ha siglato un accordo con una società terza per il monitoraggio dell’uso del marchio sulla rete: è noto che il web, alle tipicità offre occasioni, ma anche tante insidie.
Fonte: Sole 24 Ore Sud