L’innovazione della cooperativa trentina Sant’Orsola insieme a CSQA Certificazioni, dopo anni di sperimentazione.
Sugli scaffali della GDO arrivano i primi mirtilli italiani certificati a residuo zero. A produrli è la società cooperativa agricola trentina Sant`Orsola, dopo una sperimentazione condotta da 18 periti e agronomi dello staff tecnico, nel campo sperimentale situato sull`altopiano della Vigolana in Trentino, a 700 metri di quota. I piccoli frutti provengono esclusivamente da campi siciliani e calabresi, dove i soci Sant`Orsola coltivano su più di 50 ettari mirtilli giganti americani di varietà diverse, principalmente la Ventura.
Alla raccolta, dicevamo, i mirtilli non presentano residui derivati dall’impiego di fitosanitari; CSQA ha testato che il residuo di fitofarmaci è inferiore al limite minimo quantificabile, ovvero a 0,001 parti per milione. Spiega Matteo Bortolini direttore generale Sant`Orsola: «Produciamo da oltre 40 anni fragole e piccoli frutti, settore in cui siamo leader italiani. Anche ciliegie di collina. Col mirtillo residuo zero rinforziamo l’impegno nella sostenibilità, intervenendo nella fase produttiva, di lavorazione e commercializzazione».
E ancora: «È opinione comune che il mirtillo sia una pianta tipica dell`emisfero Nord, ma in Sicilia e in Calabria si sono verificate le condizioni migliori per alcune varietà migliori, secondo i tecnici che in Spagna o altre aree del Mediterraneo».
Da sei anni la cooperativa Sant’Orsola conduce ricerche tese a ridurre al massimo o ad azzerare i trattamenti. Ha lavorato sulle varietà meno suscettibili di malattie per individuare le condizioni di crescita necessarie alla minima o nulla diffusione di patogeni e parassiti. Pratica particolari metodi di potatura e utilizza anche insetti utili ed acari non dannosi per la coltivazione, che si cibano degli insetti dannosi per il frutto. Usa reti protettive e prodotti naturali per la difesa da insetti e funghi.
Fonte: ItaliaOggi