Dopo lo stop di Bruxelles, altra chance per il riconoscimento l’IGP al Peperone di Carmagnola
Il peperone di Carmagnola vuole essere di nuovo IGP, e questa volta per sempre. Ci sta lavorando il Consorzio del Peperone di Carmagnola, che ha da poco ripreso le fila del discorso interrotto anni fa e si è confrontato con i tecnici della Regione sulla via da percorrere.
Una strada con due grossi ostacoli: il primo è la registrazione, da parte di un’azienda cementiera dell’Est Europa, del “Peperone di Carmagnola”; il secondo è la definizione del territorio entro cui definire la coltivazione del Peperone di Carmagnola. Aspetto non secondario, visto che in un primo tempo erano sta- te coinvolte le aziende del cuneese, che ora però avrebbero un “marchio” tutto loro.
Insomma, da quell’esordio nel 2005 con l’allora capo ripartizione del comune Claudio Baldi, che aveva portato nel 2016 a uno storico viaggio a Bruxelles (accolti dall`allora europarlamentare Alberto Cirio), di strada se n’è fatta. Allora era stato concesso l’IGP transitorio per i tipi locali tradizionali, in particolare Quadrato e Lungo. Ma poi quel Paese lontano ha registrato il marchio e il sogno carmagnolese si è infranto davanti a un pastiche burocratico. E’ tempo di rimediare.
“E’ stata rimessa in moto la macchina, ma l`iter è molto lento – dice Domenico Tuninetti, presidente del Consorzio del Peperone di Carmagnola – Dobbiamo verificare in quanti vogliamo impegnarci in questa avventura, cosa c`è da fare e cosa è possibile recuperare dal passato. Stiamo analizzando tutte le possibilità“.
Il mercato, prosegue Tuninetti, attualmente è fermo, affossato. Un’economia che gioca al ribasso e la pandemia, che ha dato il colpo di grazia a un equilibrio già fragile. “Per chi produce con criterio e con sistemi all`avanguardia avere l’IGP come biglietto da visita non sarebbe male. Ma bisogna definire bene l`obiettivo“. Aggiunge: “Occorre anche potenziare il Consorzio del Peperone e valorizzarlo“.
Cioè: dare ai produttori aderenti (per ora una cinquantina, su un bacino di un centinaio di aziende) un protocollo semplice da seguire e più controlli anti contraffazioni: “In anni recenti c`è stato qualche caso di chi ha cercato di imitare il logo e i colori del Consorzio – spiega Tuninetti – Ce ne siamo accorti e li abbiamo dovuti diffidare. Occorre però un organo di controllo perché nessuno abusi della produzione e commercializzazione“.
Il Comune sosterrà il Consorzio in questa nuova avventura: “Ci teniamo molto – dice l’assessore all’Agricoltura Gian Luigi Surra – sarebbe un riconoscimento molto importante per la città“.
Fonte: Il Mercoledì