Pistacchio di Bronte DOP. Il 2021 è anno di raccolta. Rappresenta l’1 per cento della produzione mondiale, ma esiste un rischio contraffazione
Quello di Bronte rappresenta il “Davide” della produzione mondiale, appena li per cento, ma la sua qualità non ha nulla da invidiare ai “Golia” di Iran, California e Turchia i principali produttori-esportatori. Domani è la “Giornata mondiale del pistacchio“, una ricorrenza ideata, manco a dirlo, dagli americani nel ’76 per motivi commerciali, che anno dopo anno si sta diffondendo in tutti i continenti.
Legato botanicamente agli anacardi e ai manghi, di antichissima tradizione (basti pensare che è citato nella Bibbia) il pistacchio è originario dell’Asia occidentale e dell’Asia Minore dove gli alberi crescevano selvatici nelle regioni desertiche. La leggenda narra che per la promessa di buona fortuna gli amanti si incontravano sotto gli alberi per ascoltare i pistacchi spaccarsi nelle notti di luna. Nel I secolo d.C. l`imperatore Vitellio lo introdusse a Roma con grande successo tanto che il gastronomo Apicio lo aveva inserito nel “de re coquinaria” il trattato di cucina giunto a noi sotto il suo nome.
In Sicilia la “frastuca“, in dialetto siciliano (da fristach o frastuch), è stata portata dagli arabi che, sbarcati a Marsala nell’827 e strappando la Sicilia ai Bizantini, iniziarono la coltivazione nelle province di Agrigento e Caltanissetta, per poi stabilire che l’unica zona vocata per questa coltivazione si trovava alle pendici dell’Etna.
Iran, California e Turchia sono i principali esportatori (gli altri Paesi sono Afganistan, Israele, Tunisia, Messico, Pakistan e Siria), ma il nostro piccolo 1 per cento è una nicchia d’eccellenza. Bronte, con i territori di Adrano e Biancavilla è l’area più estesa per la produzione di pistacchi in Europa e insieme a quella di Raffadali (che sta facendo richiesta dell’IGP), le uniche due nel continente. Il Pistacchio di Bronte il “bollino” della DOP se l’è conquistato il 9 giugno 2009. Ha un sapore unico grazie ai minerali dell’Etna e ha un colore verde smeraldo inconfondibile, ma il vero segnale per riconoscerlo è il colore viola intenso della buccia attorno al seme.
Il 2021 è anno di raccolta e, secondo le previsioni di Coldiretti – si prospetta buona. I pistacchi di Bronte, prodotti in circa 4.000 ettari, (le zone sono denominate “lochi”), crescono nelle distese di lava stratificate nei secoli (sciara) e proprio dal fuoco solidificato prendono tutte le qualità organolettiche. A questa peculiarità, si somma la specializzazione necessaria per le fasi di produzione e la raccolta, che avviene in modo manuale.
“La DOP “Pistacchio Verde di Bronte“ commenta Andrea Passanisi, presidente Coldiretti Catania – ha permesso anche di identificare il prodotto di un territorio ben definito con regole di produzione che garantiscono al pistacchio etneo la qualità di un marchio ormai conosciuto in tutto il mondo. Ma proprio perché la produzione non è elevata ed è biennale, circa 40.000 quintali, il rischio di contraffazione è notevole e quindi l`attenzione all`etichetta dev’essere massima”.
Fonte: La Sicilia