Made in Italy: nel 2020 vendite food sui mercati internazionali pari a 46,1 miliardi, (+1,8%).
Nel 2020 della pandemia, le uniche esportazioni cresciute in Italia sono quelle agroalimentari. A certificarlo sono i dati Istat sul commercio estero dell’anno che si è appena chiuso: a fronte di un crollo generalizzato dell’export made in Italy del 9,7%, i prodotti agricoli e quelli alimentari hanno segnato il massimo storico di sempre, con un valore di 46,1 miliardi di euro e un aumento percentuale dell`1,8% rispetto al 2019.
Ad essere avvantaggiate, ricorda la Coldiretti, sono state soprattutto le esportazioni nazionali di conserve di pomodoro (+17%), di pasta (+16%), di olio di oliva (+5%) e di frutta e verdura (+5%). In calo del 3% sono state invece le spedizioni di vino italiano nel mondo, duramente colpite dalla chiusura dei ristoranti che rappresentano il principale mercato di sbocco per le bottiglie di alta qualità. Per oltre la metà (55%) le esportazioni dei prodotti agroalimentari made in Italy hanno preso la via dell’Ue, con la Germania che si classifica come il principale cliente con 7,73 miliardi – in crescita del 6% – mentre al secondo posto c’è la Francia con 5 miliardi e al terzo il Regno Unito, con 3,6 miliardi (+2,8%), ora uscita dall`Unione. Fuori dai confini comunitari, il primo partner commerciale restano gli Stati Uniti, con 4,9 miliardi di euro e addirittura in crescita del 5,6% nonostante i dazi su salumi, formaggi e liquori.
«Se guardiamo ai Paesi nostri competitor – ha commentato Carlo Ferro, presidente dell’Ice – l’andamento del nostro export nel 2020 è stato simile a quello di Germania (-9,3%) e Spagna (-10%), ma significativamente meno sfavorevole di quello del Regno Unito (-16.7%), Francia (-16.3%), Stati Uniti (-14,6%) e Giappone (-11%). Nel quadro globale solo l`area che ricomprende la Cina, Hong Kong e Taiwan ha segnato un andamento in crescita».
Lo scacchiere internazionale fornisce così un motivo in più per sottolineare la performance positiva del comparto food: «L`agroalimentare può svolgere un ruolo di traino per l`intera economia – ha affermato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini – ma per sostenere il trend di crescita occorre sbloccare tutte le infrastrutture: quelle tra il Sud e il Nord del Paese e quelle con il resto del mondo, per via marittima e ferroviaria, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo».
«Nell’anno dello stop – fa presente Confagricoltura – l’export agroalimentare italiano ha raggiunto, per la prima volta, la quota dello% delle esportazioni complessive nazionali». Non solo, ma anche il saldo commerciale agroalimentare, da sempre strutturalmente in deficit, nel 2020 è stato positivo: «È un risultato estremamente lusinghiero – sostiene Confagricoltura ma è dovuto essenzialmente al miglioramento del saldo dei prodotti trasformati, mentre il deficit dei prodotti agricoli rimane preoccupante intorno ai 7,5 miliardi di euro. Su questo fronte, occorre uno sforzo particolare per incentivarli maggiormente».
Per molte derrate primarie – dal frumento alla carne bovina, dall`olio al latte – l`Italia continua infatti a non essere autosufficiente: «Negli ultimi dieci anni il nostro import agricolo è cresciuto del 55%», ha ricordato ieri Denis Pantini, responsabile agroalimentare di Nomisma, nel corso del V Forum Agrifood Monitor. «Eppure la tenuta socioeconomica dei nostri territori – ha aggiunto – è legata a una filiera che negli stessi anni ha aumentato il proprio posizionamento internazionale grazie a una crescita dell`8o% nell`export agroalimentare».
Anche i dati per il resto del mondo non sono confortanti: sempre secondo lo studio elaborato da Nomisma in collaborazione con Crif, entro il 2050 nel mondo occorrerà tra il 60% e 70% in più del cibo attualmente prodotto per soddisfare la domanda alimentare globale. Nello stesso tempo, però, ogni essere umano avrà a disposizione solo o,1 ettari di superficie coltivabile, contro i 0,4 ettari del 1960. Ecco perché è necessario, dicono gli esperti, lavorare per aumentare la produttività dell`agricoltura made in Italy puntando tutto sulla ricerca e l`innovazione tecnologica, se il nostro Paese vuole continuare a rimanere competitivo sui mercati internazionali. Con l`agricoltura 4.0, per esempio, si possono ottenere risparmi nei costi di produzione che, per colture estensive come il frumento tenero, arrivano fino al 15% ad ettaro, ma anche una maggiore produttività che può arrivare a un +10 per cento.
Fonte: Il Sole 24 Ore