AssoDistil ha presentato il primo report di sostenibilità sull’attività delle distillerie
Il primo Report di sostenibilità ambientale, sociale ed economica del settore distillatorio fa riferimento al 2019 ed è stato realizzato in conformità ai “Global Reporting Initiative Sustainability Reporting Standards” definiti nel 2016 dal Global Reporting Initiative (GRI) con la collaborazione di LifeGate sulla base dei dati raccolti da 11 imprese associate, che rappresentano l’80 per cento delle sezioni merceologiche di interesse (acquaviti e alcol industriale): Bottega Spa, D’Auria Distillerie & Energia Spa, Distilleria Bertolino spa, Distilleria Deta Srl, Distilleria G.Bertagnolli Srl, Distilleria Marzadro Spa, Distillerie Bonollo Spa, Distillerie Bonollo Umberto Spa, Distillerie Mazzari Spa, Fratelli Francoli Spa, Ima Srl – Industria Meridionale Alcolici (Gruppo Bertolino).
Come noto, il settore distillatorio dà vita a una vasta gamma di prodotti che si rivolgono al mercato alimentare, alla produzione di alcol per uso carburante (bioetanolo), per uso industriale e alla produzione di acidi organici, olii vegetali, polifenoli, mangimi e fertilizzanti. Poi, i residui del processo di distillazione vengono reimpiegati per produrre energia elettrica verde, biogas e biometano. Il settore distillatorio fornisce quindi un contributo concreto al miglioramento della qualità dell’ambiente, sostenendo la creazione di una filiera virtuosa di gestione e valorizzazione dei sottoprodotti destinati alla distillazione, prima, e alla produzione di energia, poi.
I dati salienti del primo report di Sostenibilità
Distillerie, un esempio naturale di economia circolare e sostenibilità ambientale
Senza le distillerie che recuperano sottoprodotti di filiere agroalimentari a monte, nel 2019, si sarebbe prodotto un inquinamento pari a 500 mila tonnellate di CO2, equivalente alle emissioni di una città di 10 milioni di abitanti. Un esempio per tutti: le vinacce utilizzate come materie prime, ottenute come sottoprodotto dalla produzione del vino, superano le 534mila tonnellate, mentre le fecce utilizzate sono oltre 209mila.
I residui della distillazione, inoltre, si prestano a essere riutilizzati come biomasse combustibili. Con la combustione di questi residui e la digestione dei reflui, soprattutto borlande, vengono prodotti quasi 300mila MWh all’anno di energia elettrica destinata principalmente all’autoconsumo mentre il totale di energia autoprodotta proveniente da fonti rinnovabili è pari a 3.732.000 Gj.
Inoltre il settore distillatorio dispone di una potenzialità installata per produrre oltre 300 mila m³ all’anno di bioetanolo sostenibile, il biocarburante di origine naturale più diffuso al mondo ed indispensabile per poter rispondere alle necessità di sostenibilità del settore trasporti e a contribuire all’abbattimento delle emissioni fissato come target dalla Unione Europea entro il 2030. Ma le distillerie rappresentano anche un esempio virtuoso di economia circolare, infatti “Per ogni materia prima lavorata – si legge nel documento – si producono dei residui che rappresentano la materia prima per il successivo ciclo produttivo rendendo il processo di lavorazione delle distillerie a ciclo chiuso e facendo di queste un virtuoso esempio di economia circolare” . Il risultato è che solo lo 0,3% dei residui prodotti diventano rifiuti veri e propri e sono avviati a discarica mentre gli altri residui sono valorizzati per produrre altri prodotti o energia verde.
Attenzione alla qualità ed approvvigionamento locale delle materie prime
“Un’attenzione particolare – si legge nel report – viene riposta nella ricerca delle migliori materie prime, nell’elaborazione delle ricette, nei protocolli di produzione e nei controlli di qualità” assicurati da soggetti accreditati indipendenti. Uno dei fattori chiave per la virtuosità ambientale sta nella modalità di approvvigionamento delle materie prime.
“Le associate – si legge nel report – utilizzano fornitori storici e tendono a privilegiare quelli locali per contribuire all’economia del territorio. Considerando i fornitori delle associate incluse nel report, i fornitori locali sono pari al 35 per cento, ma se si guarda alla sola filiera vitivinicola le percentuali salgono notevolmente, dal momento che il settore distillatorio risponde completamente alle necessità della filiera vitivinicola che trova utile sbocco nei sottoprodotti della produzione del vino, vinacce e fecce”.
Le distillerie, esempio di sostenibilità sociale ed attenzione al territorio
Le aziende associate in AssoDistil cercano di garantire sempre un ambiente di lavoro che favorisca lo sviluppo dei dipendenti, attento alle esigenze dei lavoratori e che permetta di attrarre figure altamente professionali e qualificate. Dal report emerge che – nel 2019 – le persone impiegate nelle aziende al centro dello studio sono 659, 124 nuovi assunti, 88,2 per cento dei dipendenti con un contratto a tempo indeterminato e che sono state effettuate oltre 3mila ore di formazione, pari a quasi 5 ore di formazione annua per ogni dipendente. Una delle priorità delle aziende del settore è quello della sicurezza e della tutela della salute con una frequenza degli infortuni registrabili (numero infortuni su totale ore lavorate) molto bassa – 2,66 per cento nel 2019.
Fondamentale risulta anche il rapporto col territorio: si legge infatti nel report che “La capacità e la volontà di innovare il proprio prodotto nel rispetto dell’ambiente e del rapporto costruttivo con il proprio territorio si traduce nella volontà di contribuire attivamente al benessere delle comunità. Per questo motivo, le varie associate si impegnano a supportare le comunità locali attraverso donazioni e sponsorizzazioni in ambito sociale, culturale e sportivo, organizzando eventi di beneficienza e partecipando economicamente a progetti di pubblica utilità.”
Fonte: AssoDistil