Made in Italy: dietro la cancellazione degli aiuti nel ddl Bilancio un conflitto di poteri MiSe-Farnesina.
Il colpo di spugna che il governo ha dato ai fondi per la tutela legale dei prodotti colpiti da italian sounding non riguarda solo l’agroalimentare, ma tutto il made in Italy. Anche se è proprio sull’agroalimentare che l’art. 23 del disegno di legge di bilancio per il 2021, varato dal Cdm, esercita i suoi effetti più rumorosi. Ad essere cancellate dal ddl, infatti, sono le norme che introducono il concetto di italian sounding nel Codice di proprietà industriale (Cpi) e destinano 1,5 mln di euro al suo contrasto legale; cioè al pagamento del 50% delle spese connesse ai contenziosi accesi all’estero avverso le pratiche finalizzate alla falsa evocazione dell’origine dei prodotti, per come essa è disciplinata all’art. 144, comma 1-bis, del Cpi (dlgs n. 30/2005). Le norme in questione sono contenute all’art. 32, commi 1-3, del decreto legge 34/2019, convertito con modificazioni nella legge 151/2019: questi commi ammettono ai fondi, genericamente tutti i consorzi e le organizzazioni collettive d`impresa che tutelano produzioni made in Italy sui mercati esteri. Solo in seguito questa disposizione è stata integrata con una specifica che include tra i prodotti oggetto di tutela anche quelli agroalimentari.
ItaliaOggi ha svelato il colpo di mano legislativo il 14 novembre scorso. E non è cosa da poco, perché, come detto, il concetto di italian sounding è stato appena introdotto nel codice della proprietà industriale. La proposta di legge di bilancio destina i fondi sottratti a questo capitolo di spesa alla promozione dei marchi collettivi o di certificazione volontari italiani all`estero, messi in campo dalle organizzazioni dei produttori per favorire le esportazioni di qualità. Ma perché questo colpo di spugna contro una norma così sensibile politicamente, una norma che potremmo definire «manifesto»? Probabilmente la ragione va cercata nell`amministrazione proponente: il ministero dello Sviluppo economico.
Il MiSe, infatti, è competente sulla vigilanza dei marchi collettivi e di certificazione, mentre non lo è per le iniziative di contrasto all`italian sounding sui mercati esteri, che rientrano nell`alveo del dicastero degli esteri e del commercio internazionale. In questo modo, dunque, il ddl di bilancio intende riportare la competenza sui fondi in capo a via Veneto. Ma c`è di più. Al dicastero delle politiche agricole esiste già un capitolo di spesa presso il fondo di funzionamento del ministero (ex lege n. 499/1999), che finanzia per 300 mila euro l’anno nel triennio azioni di tutela legale all’estero a difesa delle denominazioni d`origine e delle indicazioni geografiche. E ancora, in seno al patto per l`export è esplicitamente scritto che le misure di contrasto all’italian sounding costituiscono uno dei pilastri del medesimo accordo; ne consegue che una grossa fetta delle risorse stanziate a sostegno di quell`intesa andranno spese a questo scopo.
Le reazioni. Il colpo di spugna sull’italian sounding ha creato un polverone. Il ministro alle politiche agricole, Teresa Bellanova, ha scritto una missiva al collega dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, per chiedere «presto un chiarimento circa la portata e la finalità della modifica contenuta nell’art. 23 del ddl di bilancio». E, «se necessario, per condividere ed apporre gli eventuali correttivi».
La missiva ha trovato il sostegno del presidente di oriGIn Italia, l’associazione che riunisce i consorzi di tutela delle IG, Cesare Baldrighi, che ha commentato: «Accogliamo positivamente la revisione di quell’articolo in quanto errato. Un sostegno ai Consorzi è infatti fondamentale, considerando gli investimenti attivati per l’attività di controllo e tutela giuridica in tutto il mondo per proteggere il Made in Italy, attraverso la protezione delle singole produzioni IG».
Fonte: ItaliaOggi