L’export di vino è raddoppiato grazie ai finanziamenti di Bruxelles ma i bandi nazionali della Pac e quelli regionali sono troppo complessi e lunghi
Soddisfatti, ma con riserva gli imprenditori vitivinicoli del Prosecco DOP e dell’Asti spumante DOP. Ambasciatori di bollicine made in Italy, protagonisti sul mercato estero e interno di una sana concorrenza, con il Prosecco DOP a fare da traino col 65% della quota export, e l’Asti DOP impegnato nel rilancio dello spumante non più solo dolce ma anche secco.
A spingere le esportazioni, ci pensano i fondi Ue “0cm” (Organizzazione Comune del Mercato vitivinicolo) pensati per aiutare nella promozione e nel rinnovo impianti le aziende del vino, con contributi a fondo perduto dal 40% all`80%. E non è un caso se negli ultimi dieci anni l’export vitivinicolo sia quasi raddoppiato.
«Siamo passati da 3,2 a 6,5 miliardi sul fatturato totale – spiega Gabriele Asta della società di consulenza Area39 – con una crescita dell’imbottigliato di oltre il 50%. Bravi i produttori, ma i fondi Ue Ocm sono una bella iniezione per l’export. Il problema sono i bandi nazionali delle Politiche agricole e regionali: complessi e lunghi. Disposizioni di marzo possono trascinarsi fino a fine anno. Tutto passa per Agea, braccio operativo del ministero, e per Agecontrol. Male verifiche potrebbero essere inserite già nel bando».
Per il 2020-21 sono stati stanziati 336 milioni, di cui 102 per la promozione sui mercati extra Ue; 150 per ristrutturazione e riconversione vigneti; 60 per investimenti in cantina, 20 per la distillazione e 5 per la vendemmia verde. L’Europa dà le linee guida, gli Stati – tramite Ministero, Regioni o Province autonome – emanano i bandi annuali, che sono veri labirinti. Ma dipanata la matassa, i benefici arrivano.
Ma se nel 2019 l’export del Prosecco DOP è cresciuto del 21%, l’Asti DOP ha ancora strada da fare. Motivo in più per spingere la produzione sulla versione dry, come fa il Consorzio dell’Asti e del Moscato d’Asti DOP. Lo fa notare il direttore Giacomo Pondini: «Abbiamo presentato una proposta di modifica del disciplinare al Ministero per produrre lo spumante da Pas Dosè al dry, passando per extra dry e secco per valorizzare il Moscato. E grazie ai fondi Ue lavoriamo in sinergia con Provolone, Prosecco DOP, Chianti, Pinot Grigio e altri». E la concorrenza col Prosecco? «Nessuna sfida, tutti gli spumanti possono crescere», risponde Pondini.
Qualità che può garantire il posizionamento di Asti in una fascia di prezzo alta, come sostiene Enrico Gobino, direttore marketing del Mondo del Vino (110 milioni i ricavi 2019) che comprende l’azienda Asti Cuvage, 12 milioni di cui l’80% da export: «Asti non ha bisogno di copiare e reinventarsi secco. Necessita di un posizionamento alto. Grazie ai fondi siamo cresciuti in Russia, Usa, Cina, Corea e Brasile».
Esportazioni migliorate anche Casa Gancia, 170 anni di storia. «Uno dei mercati privilegiati grazie ai fondi 0cm è stata la Federazione Russa», spiega Alberto Cortese, direttore export. Il manager fa notare come l’Asti DOP abbia avuto alterni andamenti negli anni, anche perché il consumo s’è spostato verso un gusto meno fruttato. «Trend che ha favorito il Prosecco – dice –Ma per Casa Gancia, Asti e Moscato d’Asti DOP restano top, con oltre il 50% dell’export». La rivalità con l’Asti DOP nel mondo del Prosecco DOP non è molto sentita.
Fonte: La Stampa