Di Maio e i 5 stelle all’assalto del ministero dell’Agricoltura. È per questo che hanno fatto in modo che i prodotti alimentari debbano avere la certificazione di Qualitalia. Così però si rischia di liquidare il lavoro dei consorzi e di introdurre un balzello mascherato
Cinque Stelle vanno all’assalto del made in Italy. Danno mandato al direttore dell’Agenzia delle dogane Marcello Minenna di convincere anche il comparto agroalimentare italiano (un quarto del Pil) a fare i conti con il loro sistema di potere che punta a sostituirsi al ministero dell’Agricoltura.
Luigi Di Maio, il primo ministro degli Esteri e il suo sottosegretario Manlio di Stefano vogliono impossessarsi dell’Ice (Istituto per il commercio estero) che dovrebbe promuovere i nostri prodotti all’estero e aprire mercati. Un mestiere che non sempre è stato fatto al meglio, ma che l’Ice ha svolto in accordo con i diversi enti e ministeri: dall’agricoltura al turismo passando per l’industria o i beni culturali.
Minenna ha creato Qualitalia che concederà un bollino di garanzia alle merci italiane. Questa faccenduola che rischia di mettere in campo un pesante conflitto d’interessi è nascosta nelle pieghe del cosiddetto «Decreto Agosto». L’articolo 103 ha previsto che Qualitalia, servendosi dei laboratori e del personale dell’Agenzia, rilascerà a pagamento e a condizioni di mercato – si va da poche migliaia di euro per un dispositivo meccanico a decine di migliaia di euro per una certificazione agroalimentare – un bollino di qualità per la certificazione delle merci. Minenna ha spiegato che ci sono già negli altri paesi servizi simili e che lui si è accorto che si poteva fare durante il lockdown quando i doganieri hanno certificato prodotti sanitari che erano sprovvisti di altri bollini. Cita America e Australia paesi dove non esistono le certificazioni di origine. In Italia e in Europa esistono però DOP e IGP e queste certificazioni di origine hanno un loro protocollo e dei loro certificatori e hanno i Consorzi che vigilano. Sovrapporre un altro ente certificatore vuol dire liquidare i Consorzi e far crollare la piramide qualitativa agroalimentare oltreché indebolire la posizione dell’Italia nei trattati internazionali come il Ceta, per citarne uno. Sostiene l’Agenzia delle dogane che questo «bollino di fede pubblica» è una certificazione unica perché tutti i dipendenti dell’Agenzia sono ufficiali di Polizia giudiziaria.
Chi direbbe no a Qualitalia sapendo che per esportare passa comunque dal via libera delle Dogane? Minnena ha spiegato: «Vogliamo certificare dall`olio extravergine di oliva, alla tossicità delle pelli o dei tessuti, alla verifica dell’origine di alcuni prodotti agroalimentari. L`Agenzia certifica che il prodotto è di filiera produttiva nazionale al 100% e così contribuisce a contrastare la contraffazione e a tranquillizzare il consumatore estero». DOP e IGP allora che ci stanno a fare? Il bollino delle Dogane non rischia di esser un balzello ulteriore e mascherato sui produttori? E la battaglia che l’Italia sta conducendo da anni per l’etichettatura d’origine che fine fa? E come si concilia Qualitalia pubblica con le società private o consortili? Non è concorrenza sleale? Le associazioni agricole che di certificazioni campano, tacciono? Ma chi rischia davvero è la ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova che ha la responsabilità, insieme al ministero della Salute, della certificazione agroalimentare. Forse dovrebbe darci un’occhiata.
Fonte: La Verità