Era il 2007. Slow Food organizzò a Montpellier, in Francia, un momento di incontro tra produttori di vino provenienti da tutto il continente. Lo chiamammo Vignerons d’Europe. Al termine di quelle giornate nacque un documento con cui affermavamo i capisaldi della produzione vitivinicola slow. Quel testo cominciava con queste parole: “Il vignaiolo si prende cura in prima persona della vigna, della cantina, della vendita“. Oggi siamo di fronte un ulteriore e importante passo in avanti: il Manifesto Slow Food per il vino buono, pulito e giusto.
Un decalogo scritto dalla nostra associazione, con il contributo di vignerons, studiosi delle più varie materie di tutti i Paesi produttori di vino: una voce sola su un tema che abbiamo sempre avuto a cuore, il mondo dell’enologia e di tutto ciò che le ruota attorno. Questo manifesto è stato presentato al Sana di Bologna nell’ambito del programma di Terra Madre Salone del Gusto (www.terramadresalonedelgusto.com) e rappresenta un significativo traguardo per tutti gli appassionati di vino, perché il nuovo testo, oltre ad avere una visione mondiale, allarga il proprio sguardo, prendendo in considerazione tutto il complesso di relazioni che genera il lavoro del vignaiolo.
Una figura, quella di chi lavora in vigna e in cantina, che diviene sempre più custode del territorio e si fa promotore di un sistema che fa di biodiversità e giustizia sociale i propri punti di forza. Nel decalogo non si parla soltanto delle uve che finiscono in bottiglia e delle modalità di produzione (che rappresentano comunque un aspetto fondamentale, ne è un esempio il divieto di usare concimi, diserbanti e antibotritici provenienti dalla chimica di sintesi), ma anche di come integrare le costruzioni nel paesaggio, di come rispettare il lavoro di collaboratori e dipendenti, dell’importanza di condividere le conoscenze con gli altri viticoltori del territorio.
Il Manifesto, tuttavia, è solo il primo passo di un lavoro che si arricchirà nei prossimi mesi e nei prossimi anni. L’obiettivo è quello di creare una vera e propria comunità attorno al vino, fatta di vignaioli e di appassionati che lavorino insieme. Solo con un patto forte tra figure diverse ci potrà essere crescita sociale. Così, dopo averlo presentato, apriremo il Manifesto alla firma dei produttori che si riconoscono in quei valori, per creare un elenco consultabile. E subito dopo potranno sottoscriverlo anche i consumatori che condividono la visione del vino come un’esperienza che va oltre il bicchiere, che racconta una storia e che può contribuire allo sviluppo strategico del nostro Paese, purché preservi la biodiversità e il territorio di cui è espressione. Un progetto a lungo termine, insomma, che crei una rete attiva di persone. Per arrivare un giorno, chissà, ad avere un simbolo riconoscibile sulla bottiglia, come la chiocciola rossa che dai prossimi giorni campeggerà sui prodotti riconosciuti come Presidio Slow Food.
Fonte: La Repubblica