Un compromesso, ecco cosa ci vuole per le etichette alimentari. Con l`Italia che accetta i famosi bollini a semaforo, quelli che accendono il rosso se un cibo contiene troppi grassi, troppi zuccheri o troppo sale. E con l`Europa che esclude dall`obbligo di etichetta tutte le DOP e le IGP, ovvero buona parte del made in Italy da esportazione. Dal Parmigiano Reggiano DOP in poi.
La proposta, indirizzata a tutto il sistema Paese Italia, arriva da Marco Settembri, Ceo di Nestlé per l`Europa, il Medio Oriente e il Nordafrica. Nel Vecchio Continente, del resto, il colosso svizzero ha voce in capitolo: incassa qualcosa come 19,7 miliardi di euro all`anno, di cui 1,7 miliardi soltanto in Italia. Ma soprattutto, è una delle multinazionali che più si sono esposte a sostegno dell`etichette a semaforo. E questa volta Marco Settembri accetta di parlarne espressamente.
Perché l`Unione europea dovrebbe scegliere proprio il Nutriscore, cioè l`etichetta a semaforo, come la regola per uniformare le indicazioni nutrizionali sui cibi e le bevande vendute in Europa?
Se l`Unione europea costituisce un mercato unico, è chiaro che servono delle regole comuni. Quindi è un dato di fatto che bisogna trovare una sintesi tra le posizioni di tutti. Il Nutriscore è già stato adottato, a livello locale, ormai da una decina di Paesi tra cui l`Austria, il Belgio, la Germania, il Portogallo e più recentemente anche la Francia e la Spagna, due realtà mediterranee molto simili all`Italia. Con tutti questi Paesi che hanno già scelto di andare in questa direzione, direi che la cosa più conveniente per tutti è quella di mettersi al tavolo insieme a loro.
Lei sa bene però che l`Italia, con Federalimentare in testa, è fermamente contraria a questo tipo di etichette…
Anche io all`inizio ero contrario al Nutriscore. Come Nestlé, tre anni fa avevamo anche proposto un metodo nostro, si chiamava Evolved nutrition label. Poi abbiamo pensato che potevamo appoggiare l`etichetta a semaforo, magari migliorandola. Il punto di vista che l`Italia porta avanti è quello dei produttori soltanto. Ma i consumatori italiani, cosa ne pensano veramente? Le ricerche che abbiamo potuto consultare e che sono state fatte in Europa, anche se non direttamente in Italia, ci dicono per esempio che il consumatore è soddisfatto delle etichette a semaforo. E poi in Italia si producono anche vegetali e frutta, non solo salumi e formaggi, e questi prodotti sarebbero avvantaggiati da una etichetta a semaforo perché avrebbero senza alcun dubbio il bollino verde. Bisognerebbe fare davvero i conti, su quanti sono veramente i prodotti made in Italy che con lo schema a semaforo rischiano il bollino rosso.
Insomma, secondo lei l`Italia non ha chance a Bruxelles con la sua proposta alternativa di una etichetta, cosiddetta a batteria, che spiega quanta parte della dose giornaliera di grassi o zuccheri sto assumendo con quella determinata porzione di cibo?
La verità è che anche il concetto di porzione, a cui tiene tanto l`Italia, è travisabile. Applichiamolo per esempio al cioccolato: se io scrivessi quanti zuccheri sono contenuti in un paio dí quadretti, che equivalgono a una porzione, anche il cioccolato avrebbe il bollino verde. Poi però i miei detrattori mi contesterebbero, dicendo che se il consu- matore vede sulla confezione il bollino verde sarebbe indotto a comprare la tavoletta e a mangiarsela tutta. Con buona pace dell`intento educativo delle etichette nutrizionali. Ecco perché l`unica via percorribile è quella dell`etichetta a semaforo. Possiamo solo fare quello che hanno fatto in Francia e in Spagna, ovvero un lavoro di perfettibilità che identifichi, categoria per categoria, le eccezioni che possono essere fatte.
Che compromesso suggerisce all`Italia? In fondo, in quanto membro di Confindustria e di Federalimentare, Nestlé è della partita.
Secondo me, l`Italia deve fare fronte comune con la Francia e la Spagna dicendo sì al Nutriscore, ma trattando l`esclusione dall`obbligo di etichettatura delle sue DOP e delle sue IGP, con la motivazione che queste devono già sottostare a disciplinari rigidissimi. Se escludiamo queste categorie di prodotti, otteniamo subito l`effetto di escludere l`olio extravergine di oliva e il Parmigiano reggiano, per i quali c`era stata una levata di scudi. Ecco, se io dovessi trattare per l`Italia mi metterei al fianco dei francesi per escludere dalla nuova legge Ue i prodotti a indicazione protetta.
Crede che qualcuno in Italia potrebbe accettare una proposta del genere?
L`Italia ha tutto l`interesse a essere un attore protagonista in Europa e sono convinto che tratterà. La presidenza dí Federalimentare in questo momento rappresenta gli interessi di una parte soltanto della filiera italiana, dal dibattito in corso mi sembra di capire che qualcuno sarebbe disposto a seguirci, sia all`interno del governo che tra le associazioni rappresentative del settore, non ultima quella dei consumatori.
Durante il lockdown, i comportamenti di consumo sono cambiati, le persone sono tornate ai fornelli e hanno mostrato di preferire i cibi cotti in casa rispetto ai piatti pronti. Crede che sia un orientamento destinato a durare, e che questo modificherà le strategie di prodotto della Nestlé?
Più che al cucinare in sé, mi sembra che i consumatori si siano dimostrati più attenti alla qualità del cibo e a un`alimentazione più salutare. E poi, questo del ritorno ai fornelli è stata solo una delle tendenze in atto: l`altra è stata un aumento degli ordini di piatti già pronti e consegnati a casa. Alla Nestlé abbiamo scelto di concentrarci sulle proteine vegetali, il cui consumo era aumentato anche prima del Covid. Per tutto il resto, credo sia an- cora presto per dire se questi comportamenti di consumo siano destinati a durare oppure no. Per quanto riguarda i piatti pronti, per esempio, penso che nel giro dei prossimi i8 mesi i livelli di acquisto torneranno come prima.
Fonte: Il Sole 24 ore