Un percorso lungo quello della DOP Arancia di Ribera, che come tante altre denominazioni ha aspettato alcuni anni prima di vedere riconosciuta l’iscrizione al registro europeo delle DOP IGP. Negli anni ‘90 del secolo scorso, la prima associazione di produttori già guidata da Giuseppe Pasciuta, aveva iniziato l’iter per la richiesta dell’IGP, poi evoluta nella richiesta di DOP. Alcuni intoppi nel percorso e finalmente nel 2011 la protezione comunitaria, che quando arriva trova una realtà già strutturata, con una buona esperienza di marchio collettivo e in attesa solo di partire con la certificazione. Pasciuta, promotore della prima associazione, è ancora oggi presidente di questo Consorzio di tutela.
Il marchio Riberella esisteva già prima della DOP?
“Sì, abbiamo ideato Riberella nel ‘94 e c’era già un disciplinare rigoroso. Ci siamo strutturati per tempo come consorzio di marchio collettivo, eravamo già riconosciuti e presenti sul mercato, ma volevamo rientrare fra le produzioni certificate. Alla fine di un percorso impegnativo ce l’abbiamo fatta, la DOP ci ha dato una bella spinta, ci ha fatto fare un balzo in avanti e ci ha dato la possibilità di beneficiare di opportunità che prima non c’erano”.
Nel vostro Consorzio ci sono tanti associati che riescono a lavorare insieme, un risultato difficile da raggiungere.
“Abbiamo avuto da subito un’aggregazione di soci decisamente anomala per la Sicilia, e siamo un caso particolare perché non è che ci sia un senso di cooperazione estremamente diffuso; alcune aziende fanno un grande lavoro, questo spinge la concorrenza interna e il desiderio di ottenere risultati contribuisce alla cooperazione; alla fine l’individualità è la spinta per ottenere buoni successi. Quest’anno c’è stata poca produzione per eventi climatici negativi, che ci hanno condizionato, abbiamo dovuto chiudere la raccolta a fine febbraio, mentre normalmente si chiude a fine marzo o addirittura a metà aprile. E ci sono grossi problemi per la produzione del prossimo anno”.
Avete denunciato che la produzione dell’Arancia di Ribera DOP del prossimo inverno è a rischio per mancanza di irrigazione
“Purtroppo è proprio questa la realtà. L’agricoltura del territorio riberese è servita dalla diga di Castello, un’area di circa 3000 ettari nelle zone del Magazzolo e del Platani, e oggi è sull’orlo della tragedia. Se non si irrigherà al più presto, sono a rischio tutte le produzioni. Colpa delle continue perdite, nonostante le riparazioni, della rete adduttrice principale dalla diga di Castello. Il 50% dell’agricoltura riberese, fra cui la produzione di arance, rischia il collasso, per colpa dei continui problemi al sistema idrico, che vengono segnalati da anni da chi lavora in agricoltura. Anche tutti gli sforzi del Consorzio fatti per migliorare e ampliare le produzioni, vengono così vanificati per di mancanza di acqua”.
Ma la chiusura anticipata del raccolto della scorsa stagione non era un problema dovuto alla mancata irrigazione estiva.
“No, è una realtà che stiamo valutando attentamente, il clima è cambiato, per questo dobbiamo investire su varietà tardive, stiamo provando e poi chiederemo alcune modifiche al disciplinare quando sarà iniziata la nuova produzione. Già tre anni fa avevamo registrato la stessa diminuzione, quest’anno ancora peggio, abbiamo chiuso la raccolta un mese e mezzo prima, è evidente la necessita di allargare il panorama varietale, per allungare tempi ”.
Quanto impiegano i nuovi alberi a dare i primi frutti?
“Al 3° o 4° anno si raccolgono già le prime arance. Stiamo già provando nuovi impianti con varietà di arancia Navel tardiva. Sono varietà che pur mantenendo le stesse caratteristiche delle altre, hanno l’attacco peduncolare più forte, le arance non cadono, iniziano la maturazione a gennaio, per essere raccolte a febbraio, ma si possono lasciare sulla pianta fino a maggio senza problemi, perché hanno la consistenza adatta. Il mercato chiede arance anche in estate, non nella stessa quantità, ma la richiesta continua. La richiesta c’è, non c’è prodotto, quindi lo spazio viene occupato da produzioni straniere, arrivano sul nostro mercato arance greche e spagnole, dove coltivano il tardivo da un pezzo. Noi prima arrivavamo a distribuire fino a maggio con la frigoconservazione, ma non regge a confronto del prodotto fresco, quindi oggi non si fa quasi più”.
Obiettivi futuri?
“Vorremmo aggiungere ai 6000 ettari di aranceti DOP, nei prossimi 10 anni – altri 1000 ettari di varietà tardive che sono quelle che richiede oggi il mercato. La nostra arancia piace molto, in qualsiasi parte di Europa, chi la conosce per la prima volta, poi la cerca sempre. Dobbiamo riuscire a coprire quel vuoto che oggi è occupato da produzioni straniere”.
Fonte: Fondazione Qualivita